Testamento, incapacità d’intendere e di volere e distinzione fra instituio ex re certa e legato.
IL TRIBUNALE DI PALMI
Sezione Civile
in persona del giudice, d.ssa Maria Teresa Gentile, ha emesso la seguente
SENTENZA
nella causa iscritta al n. …del Ruolo Generale degli Affari Contenziosi civili dell'anno 2023, vertente
TRA
P.M., nato il (...) a G. T. (C.F. (...)), P.M., nata il (...) a G. T. (CF. (...)) rappresentati e difesi dagli avv.ti…,
nonché A.M., nata il (...) a G. T. (CF: (...)) e M.F.M., nata il (...) a G. T. (CF. (...)), rappresentate e difese
dall'avv….,
tutti elettivamente domiciliati in Palmi, alla…, presso lo Studio dell'Avv….;
-attori-
contro
M.M., nata a C. (R.) il (...) (C.F.(...)) e P.M., nata C. (R.) il giorno (...) (C.F.(...)), rappresentate e difese
dall'Avv….;
-convenute-
nonché contro
E.M.M., nato a G. T. (R.) il (...) (CF: (...)), rappresentato e difeso dall'Avv…., presso il cui studio in
Taurianova, alla via…, è elettivamente domiciliato;
-convenuto-
e nei confronti di
V.M., nato il (...) a G. T. (CF. (...)), rappresentato e difeso dagli avv.ti…, elettivamente domiciliato
presso lo studio del primo in Palmi, alla…;
-convenuto-
E di
G.M., nato il (...) a G. T. (c.f. (...)) rappresentato e difeso dagli avv.ti…, elettivamente domiciliato
presso lo studio del primo in Palmi, alla…;
-convenuto-
Nonché di
F.M., nato il (...) a G. T., G.F., nata il (...) a G. T.; E.M., nato il (...) a G. T.; A.M., nata il (...) a G. T.;
-convenuti contumaci-
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
1.Deducono gli attori che la madre A.T. (nata a G. T., il (...) ed ivi deceduta il 7.5.2018) ha lasciato un
testamento olografo datato (...), pubblicato con atto del Notaio S.P. (rep. n.(...), registrato a Reggio
Calabria il 31.5.2018); che, all'epoca di redazione della scheda testamentaria, la de cuius era affetta
da vasculopatia cerebrale di grado grave, patologia che comporta un'infermità mentale tipica,
permanente ed abituale, oggetto di precisa diagnosi; che, invero, il 20 febbraio 2008 - meno di un
mese dopo la scrittura del testamento - ella aveva presentato, alla Commissione medica per
l'accertamento degli stati di invalidità di Reggio Calabria, domanda per l'accertamento del suo stato
invalidante, corroborata dal certificato medico in cui veniva riconosciuta affetta da: "vasculopatia
cerebrale. Poliartropatia. Cardiopatia ipertensiva e conseguentemente invalida
ultrasessantacinquenne con difficoltà persistenti a svolgere i compiti e le funzioni proprie dell'età,
grave 100%"; che il descritto quadro clinico, sul piano giuridico, assume valore di infermità,
significativamente incidente sulla capacità cognitiva della testatrice, tale da privarla in modo
assoluto della coscienza dei propri atti ovvero della capacità di autodeterminarsi; di voler proporre,
in subordine alla svolta eccezione di nullità e/o annullabilità della scheda testamentaria, azione di
riduzione per lesione della quota di legittima riservata in loro favore, in relazione al patrimonio
ereditario, composto dai beni specificatamente indicati, stimati intorno ad Euro 312.000,00 (come da
perizia di stima redatta dal geom. F.S. in data 3.10.2019), oltre agli "eventuali beni da individuare e
nel diverso valore che si accerterà"; che, poiché la quota riservata agli attori sull'eredità, ai sensi
dell'art. 537 c.c., è pari a due terzi, da dividersi in parti uguali tra tutti i figli, il legato fatto dalla
testatrice alle proprie nipoti M. e P.M., di valore pari a 232.000 Euro, integra una lesione della quota
legittima, non avendo essi attori ricevuto, peraltro, nessuna liberalità in vita dalla propria madre, ai
sensi dell'art. 564, 2 co., c.c., né donativa né testamentaria; che pertanto deve disporsi la riduzione
del legato, fino alla reintegrazione della quota legittima, seguendo l'ordine stabilito dagli artt. 553 ss.
c.c. seguenti, e con condanna delle convenute M. a rendere il conto dei frutti percepiti e percipiendi
da liquidare in favore degli attori.
In via ulteriormente gradata, chiedono, infine, la divisione del compendio ereditario e concludono
come trascritto in epigrafe.
Le convenute P. e M.M. si difendono, deducendo in via preliminare di essere eredi e non legatarie,
come si ricaverebbe dalla semplice lettura della scheda testamentaria; contestano poi la pretesa
incapacità naturale della de cuius, in quanto non dimostrata dagli attori, i quali non solo hanno
omesso di depositare il documento medico allegato all'istanza presentata all'INPS nel 2008, ma
hanno anche omesso di riferire che l'istanza di riconoscimento di invalidità del 20/2/2008 era stata
rigettata, mentre era stata accolta solo la successiva richiesta, datata 01.12.2011, con riconoscimento
dell'invalidità e del diritto all'indennità di accompagnamento a decorrere dall'1.01.2012, come si
evince dalla comunicazione di liquidazione, inoltrata dall'INPS di Reggio Calabria e datata
01.02.2013. Sostengono l'infondatezza anche dell'azione di riduzione, perché esse eredi sono
succedute per rappresentazione, ai sensi dell'art. 467c.c., nella quota del padre, E.M.M., legittimario
escluso dalla successione per effetto di espressa disposizione della testatrice.
Contestano, infine, la quantificazione del valore della massa ereditaria atteso che, da un lato, non
sono state dedotte "eventuali poste negative di debito attinenti a spese e tasse correlate alla apertura
della successione ed alla denuncia della stessa" e, dall'altro, il calcolo elaborato dal consulente tecnico
di parte attrice - specificamente avversato con riferimento ai criteri di stima utilizzati - non ha alcuna
valenza probatoria.
Concludono come trascritto in epigrafe.
Si sono costituiti in giudizio, con distinte comparse, anche i germani G. e V.M., dichiarando di
aderire alla domanda attorea e spiegando le conclusioni meglio trascritte in epigrafe.
Si è infine costituito in giudizio E.M.M., figlio della de cuius e padre delle convenute M. e P.M.,
aderendo alle difese di queste ultime e dichiarando, in particolare, di rinunciare espressamente a
proporre azione di riduzione delle disposizioni testamentarie, ai fini di una eventuale tutela della
propria quota di legittima, con conseguente operatività dell'istituto della rappresentazione, ex art.
467 c.c. in favore delle figlie convenute; in subordine, dichiara che la rinuncia va intesa quale atto di
liberalità in favore delle dette convenute, cui la de cuius ha, inequivocabilmente, attribuito con il
testamento la qualità di eredi. Contesta i criteri di stima utilizzati dal ct di parte attrice e afferma che,
ai fini della riduzione, si deve tener conto anche delle spese sostenute per la riqualificazione,
gestione, manutenzione e cura dell'immobile ricevuto dalle figlie, concludendo come trascritto in
epigrafe.
In corso di causa, depositate memorie nei termini ex art. 183, sesto comma, c.p.c. (nel testo ratione
temporis vigente), in difetto di richieste di prova costituenda sulla domanda di nullità del
testamento, all'udienza del 6 febbraio 2024 sono state precisate le conclusioni.
2. Prima di esaminare nel merito le domande attoree, occorre osservare che esse vertono tutte sulla
successione di A.T. e, in particolare, hanno ad oggetto l'annullamento del testamento o, in via
subordinata, la riduzione delle disposizioni testamentarie lesive e la divisione della comunione
ereditaria: in tal senso, occorre chiarire che dal certificato di famiglia allegato all'atto di citazione
risulta che la de cuius ha avuto nove figli, di cui otto viventi all'epoca del decesso (G., P., V., F., M.F.,
A., P. e V.E.M., tutti convenuti nel presente giudizio) ed uno premorto (A.M., cui sono succeduti, per
rappresentazione, i figli E. ed A.M., odierni convenuti contumaci).
Deve invece escludersi la legittimazione passiva della convenuta G.F. che, in quanto moglie di A.,
figlio premorto della de cuius, non è inclusa tra i soggetti che succedono per rappresentazione (artt.
467 e 468 c.c.), né è menzionata nel testamento impugnato e va, pertanto, estromessa dal presente
giudizio.
3. Passando all'esame alla domanda principale, avente ad oggetto l'annullamento del testamento per
incapacità d'intendere e di volere, è opportuno premettere che il suo accoglimento presuppone che
sia dimostrata l'esistenza di uno stato d'incapacità naturale del disponente, tenuto presente che
quest'ultima, come causa d'invalidità del testamento, ai sensi dell'art. 591 c.c., "non si identifica in
una generica alterazione del normale processo di formazione ed estrinsecazione della volontà, ma
richiede che, a causa dell'infermità, al momento della redazione del testamento il soggetto sia
assolutamente privo della coscienza del significato dei propri atti e della capacità di
autodeterminarsi, così da versare in condizioni analoghe a quelle che, con il concorso dell'abitualità,
legittimano la pronuncia di interdizione" (v. ex multis Cassazione civile, sez. II, 30 gennaio 2003, n.
1444; ibidem, 27 ottobre 2008, n. 25845).
Inoltre, "poiché lo stato di capacità costituisce la regola e quello d'incapacità l'eccezione, spetta a
colui che impugna il testamento dimostrare la dedotta incapacità, salvo che il testatore non risulti
affetto da incapacità totale e permanente, nel qual caso è compito di chi vuole avvalersi del
testamento dimostrare che esso fu redatto in un momento di lucido intervallo" (v., fra le molte,
Cassazione civile, sez. II, 27 dicembre 2014, n. 27351).
Nel caso che occupa, dai documenti in atti e, in particolare, dalla relazione redatta dal CTU, dr….,
nominato nell'ambito del procedimento intrapreso dalla de cuius, all'epoca ancora in vita, dinanzi
al Giudice del lavoro di questo Tribunale (n. …/2010 R.G.: v relazione allegata alle memorie
istruttorie attoree) emerge che: a) la testatrice, A.T., il 20.02.2008 (circa un mese dopo della redazione
del testamento) aveva presentato domanda per l'accertamento del suo stato invalidante; b) visitata
dalla competente Commissione medica in data 16.9.2009, aveva ricevuto diagnosi di ""vasculopatia
cerebrale. Poliartropatia. Cardiopatia ipertensiva", con il riconoscimento di invalidità in
ultrasessantacinquenne con difficoltà persistenti a svolgere i compiti e le funzioni proprie dell'età:
non necessita di assistenza continua. Classe 100%" (v. la sintesi degli atti del procedimento,
contenuta nella relazione del c.t.u., dr. Randazzo, pag. 2); c) convocata a visita da parte del CTU
nominato dal Giudice del Lavoro, il 30.1.2012, la T. si presentava allo studio medico dell'ausiliare e,
collaborando all'anamnesi, lamentava "una sintomatologia caratterizzata da dolori localizzati alla
colonna lombo sacrale e alle ginocchia con difficoltà alla deambulazione. Deficit di memoria con
stato ansioso depressivo"; d) all'esame neurologico effettuato dal c.t.u., sempre nel 2012, la paziente
appariva "disorientata nel tempo e nello spazio, disinteressata apatica"; e) il referto della visita
geriatrica richiesta dal c.t.u. ed eseguita il 6.2.2012 dava diagnosi di "vasculopatia cerebrale con
deficit di memoria"; f) il c.t.u. concludeva con diagnosi - tra le altre cose - di "cerebrovasculopatia di
grado GRAVE", chiarendo nelle considerazioni medico-legali che "nel caso della sig.ra T. la
sofferenza cerebrale è causa di forte disorientamento temporo-spaziale con apatia e disinteresse"; g)
lo stesso ausiliare precisava che "è evidente che successivamente alla presentazione della domanda
si sia verificato un ulteriore aggravamento delle malattie denunziate", ritenendo che il grado di
invalidità da attribuire alla "cerebrovasculopatia involutiva con decadimento cognitivo di grado
grave sia del 100%" e che, in conseguenza del complesso delle patologie riscontrate (compresa la
cardiopatia sclerotica ipertensiva 2-3 classe NYHA - 60% - e la spondiloartrosi con deficit
deambulatorio di grado medio 100%), la periziata non fosse in grado di compiere da sola gli atti
quotidiani della vita, condecorrenza a far data da gennaio 2012.
Gli elementi sopra riportati non consentono di ritenere raggiunta la prova che la de cuius, all'epoca
della redazione del testamento (gennaio 2008) versasse in stato d'incapacità definitiva e permanente
nè, in base ai dati a disposizione, sono dimostrate a quella stessa epoca transitorie e subitanee perdite
della capacità d'intendere e volere.
In particolare, a fronte delle risultanze della c.t.u. espletata nell'ambito del giudizio del lavoro,
quattro anni dopo la redazione del testamento impugnato, nessun ulteriore dato oggettivo può trarsi
dalle osservazioni all'elaborato peritale svolte, sempre nell'ambito del giudizio dinanzi al Giudice
del lavoro, dalla difesa della T. che, per retrodatare la decorrenza dell'invalidità, richiamava
certificazioni rilasciate dall'UTI Cardiologia Asp di Palmi del 2005 e 2008, nonché un certificato
dell'A. di R. C. del 10.9.2010, che non sono allegati in atti e di cui non si conosce il contenuto.
In altri termini, nessuna delle risultanze esaminate dimostra o lascia presumere che, nel gennaio
2008, la cerebrovasculopatia che affliggeva certamente la T. avesse raggiunto uno stadio di gravità
tale da indurre uno stato d'incapacità totale e permanente della testatrice, considerato che, da un
lato, l'unica valutazione certa che, anche sulla base di un esame obiettivo, attesta l'esistenza di un
decadimento cognitivo di grado grave, risale alla visita del CTU del gennaio 2012 (ben quattro anni
dopo la redazione del testamento) e, dall'altro, che anche il decadimento cognitivo grave non
comporta l'automatica conclusione che il soggetto sia assolutamente privo della coscienza del
significato dei propri atti e della capacità di autodeterminarsi (tanto è vero che in quella occasione
la T. collaborò anche all'anamnesi).
Non sussistono dunque i presupposti richiesti dall'art. 591 c.c., invocato dagli attori e la domanda
va, per questa parte, rigettata.
4.1 Con riferimento all'azione di riduzione delle disposizioni testamentarie lesive, deve premettersi
che, a seguito della notifica dell'atto introduttivo, anche i convenuti G.M. e V.M. hanno dichiarato,
nelle rispettive comparse di costituzione in giudizio, di "aderire" alla domanda attorea, formulando
nelle conclusioni distinte domande di accertamento della lesione delle rispettive quote (v.
conclusioni trascritte in epigrafe).
Tuttavia, a differenza dall'adesione alla domanda di annullamento del testamento o a quella di
divisione, che non allarga il campo degli accertamenti da compiere e pertanto lascia immutato
l'oggetto del giudizio, le domande di riduzione hanno carattere autonomo e individuale (v. sul punto
Cass. Sez. 6 - 2, Ordinanza n. 15706 del 23/07/2020) e ampliano l'oggetto del giudizio, introducendo
un petitum ulteriore rispetto a quello già proposto dagli attori: si tratta, in altre parole, di domande
c.d. riconvenzionali trasversali (proposte nei confronti di altri convenuti), che avrebbero dovuto
essere introdotte nei termini e con le forme stabilite per la domanda riconvenzionale dall'art. 167,
comma 2, c.p.c. (sia pure senza chiedere il differimento dell'udienza previsto dall'art. 269 c.p.c. per
la chiamata in causa di terzo: cfr. Cass. Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 9441 del 23/03/2022; Sez. 2, Sentenza
n. 6846 del 16/03/2017; Sez. 3, Sentenza n. 12558 del 12/11/1999; v. anche Cass. Sez. 2, Sentenza n.
2174 del 27/02/1998).
Essendo state invece tardivamente formulate con le comparse depositate in data 19 e 20 giugno 2023
(rispetto alla prima udienza fissata in citazione per il 15 giugno 2023), le domande in esame devono
dirsi inammissibili.
4.2. Limitatamente all'azione di riduzione proposta dagli attori, occorre ora esaminare la posizione
assunta dalle convenute P. e M.M., le quali, nel costituirsi in giudizio, hanno rivendicato la loro
qualità di eredi testamentarie, assumendo inoltre di essere subentrate nella quota legittima non
devoluta al loro padre, E.M.M., escluso dal testamento, e ciò in "applicazione dell'istituto della
rappresentazione di cui all'art. 467 c.c., in virtù del quale le convenute (filie ex filio) subentrano in
luogo dell'ascendente che non ha potuto accettare l'eredità perché estromesso" dalla testatrice.
Quanto al primo punto, la contestata natura della chiamata testamentaria deve essere desunta
dall'esame complessivo dell'atto, condotto alla luce del fondamentale criterio ermeneutico della
volontà del testatore, tenendo presente che "Nell'interpretazione dei testamenti il giudice del merito
deve accertare, secondo le regole dettate dal codice civile per l'interpretazione dei contratti (artt. 1362
segg) in quanto applicabili ai testamenti, quale sia stata, comunque espressa, l'effettiva mens
testantis, ponendo mente al significato specifico e concreto delle singole espressioni usate e a tale
significato dando la prevalenza su quello letterale, tenendo presente, nei casi dubbi, il complesso
delle disposizioni in rapporto alla mentalità del testatore e al suo ambiente di vita e preferendo, in
tali casi, una soluzione che consenta un effetto concreto a un'interpretazione che non sia suscettibile
di esecuzione; né è dato prescindere nell'indagine suddetta dal criterio teleologico, il quale comporta
che il contenuto della scheda testamentaria e la reale intenzione del de cuius debbono essere
accertate anche in funzione degli scopi pratici che il testatore si era prefisso" (così, Cassazione civile,
sezione II, 18 giugno 1963, n. 1637).
Ebbene, il tenore letterale della scheda testamentaria manoscritta è il seguente:
"Io T.A. nata a gioia tauro il 5-12-930 residente in via G. XXIII sana di mente o deciso di lasciare il
eredita dopo la mia morte una parte delle mie proprietà alle mie nipoti M.P. e M.M. lascio a loro la
casa dove io abito ora, la casa dove le mie due nipote P. e M. abitano ora, il locale sotto gli
appartamenti ora usati come garage e officina, il terreno dove sono costruiti i locali che o nominato
prima terreno registrato con atto notarile in via medesima perché esisteva solo questa via), e laria
rimasta per costruire altri piani. Guest sono le mie ultima volontà io T.A. nata a G. T. il (...) residente
invia G. XXIII dopo la mia morte desidero che il mio patrimonio sia cosi diviso: alle mie nipoti figlie
di Marcello. A tutti i miei figli, ad eccezione di Marcello, a ai miei nipoti E. e Antonina (figlia di N.
mio figlio) voglio che in parti uguali sia attribuita la parte restante dei miei bene gioia tauro 16
gennaio 2008 T.A.".
Ciò posto, per stabilire la natura dell'attribuzione di beni alle nipoti M. e P., occorre tenere presente
la chiara indicazione giurisprudenziale, secondo la quale "l'avere il testatore attribuito a taluno
singoli beni facenti parte del suo patrimonio non comporta necessariamente il carattere di legato
dell'attribuzione, poiché per stabilire se questa sia a titolo universale o a titolo particolare occorre
stabilire se la disposizione sia stata fatta dal disponente in relazione al complesso del suo patrimonio,
all'universum ius, oppure secondo una specifica individuazione dell'oggetto attribuito, in sè
considerato e senza relazione alcuna con l'intero e globale patrimonio stesso. Pertanto, quando
l'attribuzione di quota del patrimonio, ancorché individuata quanto al suo aspetto materiale nei
componenti, avviene per classi o gruppi di beni (come, ad es.: tutti i mobili o tutti gli immobili, e/o
quote di essi) è da ritenere, se altri elementi intrinseci della scheda non depongano chiaramente in
contrario, che l'attribuzione stessa abbia luogo a titolo universale, onde il beneficiato acquista la
qualità di erede e non già quella di legatario" (Cassazione civile, sez. II, 6 novembre 1986, n. 6516 e
successive conformi tra cui, in particolare, v. ibidem, n. 24163/2013).
Nel caso che occupa, le disposizioni trascritte, ed in particolare quelle con cui la defunta lascia alle
nipoti P. e M. le due abitazioni, il locale garage ed il terreno, devono essere interpretate, alla luce del
complessivo tenore dell'atto, non come legato ma come istituito ex re certa, sia dal punto di vista
oggettivo (riguardando la disposizione una parte del patrimonio, unitariamente considerato: "… una
parte delle mie proprietà alle mie nipoti M.P. e M.M.), sia da quello soggettivo, essendo evidente la
volontà della T. di istituire eredi tutti i suoi figli ovvero - al posto dei figli M. (escluso) e N.
(premorto)- i suoi nipoti ("Guest sono le mie ultima volontà io T.A. nata a G. T. il (...) residente invia
G. XXIII dopo la mia morte desidero che il mio patrimonio sia cosi diviso: alle mie nipoti figlie di
Marcello. A tutti i miei figli, ad eccezione di Marcello, a ai miei nipoti E. e Antonina (figlia di N. mio
figlio) voglio che in parti uguali sia attribuita la parte restante dei miei bene").
Peraltro, poiché "la riduzione delle disposizioni testamentarie avviene proporzionalmente, senza
distinguere tra eredi e legatari" (art. 558 c.c.), la riconosciuta qualità di eredi in capo alle convenute
non impedisce di procedere all'esame della domanda di riduzione per lesione di legittima, proposta
dagli attori.
4.3. In relazione all'invocata applicazione dell'istituto della rappresentazione, anche ai fini del
calcolo della quota spettante alle convenute, deve effettivamente ritenersi che la clausola del
testamento con la quale la testatrice individua i suoi successori e dispone dei suoi beni, escludendo
espressamente il figlio M., manifesti una volontà destitutiva diretta ad escludere quest'ultimo dalla
propria successione, costituendo pertanto una diseredazione (sul punto, v. Cass. civile sez. II,
Sentenza n. 8352 del 25/05/2012), a seguito della quale diventa operativo il meccanismo della
rappresentazione a favore dei discendenti del diseredato (Cass. civile Sez. II, Sentenze n. 11195 del
14/12/1996 e n. 26062 del 17/10/2018).
4.4.. Ciò posto, e proseguendo nell'analisi della domanda di riduzione, deve aggiungersi che il
procedimento per accertare la lesione della quota di riserva richiede di determinare "il valore della
massa ereditaria, quello della quota disponibile e della quota di legittima. A tal fine, occorre
procedere alla formazione del compendio dei beni relitti ed alla determinazione del loro valore al
momento dell'apertura della successione; quindi, alla detrazione dal "relictum" dei debiti, da
valutare con riferimento alla stessa data; e, ancora, alla riunione fittizia, cioè meramente contabile,
tra attivo netto e "donatum", costituito dai beni di cui sia stato disposto a titolo di donazione, da
stimare, in relazione ai beni immobili ed ai beni mobili, secondo il loro valore al momento
dell'apertura della successione (artt. 747 e 750 cod. civ.) e, con riferimento al valore nominale, quanto
alle donazioni in denaro (art. 751 cod. civ.). Devono calcolarsi, poi, la quota disponibile e la quota
indisponibile sulla massa risultante dalla somma tra il valore del "relictum" al netto ed il valore del
"donatum" ed imputarsi, infine, le liberalità fatte al legittimario, con conseguente diminuzione, in
concreto, della quota ad esso spettante (art. 564 cod. civ.)" (così, ex multis, Cassazione civile, sezione
seconda, 24 luglio 2012, n. 12919).
Va ancora precisato che "in tema di successione necessaria, l'individuazione della quota di riserva
spettante alle singole categorie di legittimari ed ai singoli legittimari appartenenti alla medesima
categoria va effettuata sulla base della situazione esistente al momento dell'apertura della
successione e non di quella che si viene a determinare per effetto del mancato esperimento, per
rinunzia o per prescrizione, dell'azione di riduzione da parte di qualcuno dei legittimari"
(Cassazione civile, Sezioni Unite, 9 giugno 2006, n. 13429); per contro, "l'accertamento della lesione
e della sua entità non deve farsi con riferimento alla quota complessiva riservata a favore di tutti i
legittimari, ma solo riguardo alla quota di coloro che abbiano proposto la domanda" (cfr. Cassazione
civile, Sez. 6 - 2, Ordinanza n. 15706 del 23/07/2020).
Nel caso che occupa, la quota di riserva è quella prevista dall'art. 537, secondo comma, c.c., per
l'ipotesi di più figli, corrispondente a 2/3 del patrimonio della de cuius (a prescindere dalla rinuncia
all'azione di riduzione, espressamente comunicata dal convenuto legittimario M.M. con la comparsa
di costituzione nel presente giudizio, e implicita nella mancata costituzione in giudizio del figlio F.
e dei figli del figlio premorto, A., succeduti al padre per rappresentazione), mentre il calcolo
dell'eventuale lesione dovrà prendere in considerazione unicamente la quota di legittima spettante
agli attori P., P., M.F. e A.M., pari a 2/27 per ciascuno di essi (2/3:9).
4.5. Quanto ai beni che rientrano a far parte della massa attiva, occorre premettere che non vi è
contestazione sul fatto che, alla data di apertura della successione, il patrimonio della de cuius fosse
composto dai seguenti beni:
a) Immobile sito in G. T. in via G. XXIII sito in G. T. in via G. XXIII n. 8, individuato catastalmente al
Foglio n. (...) - part. (...) - cat. (...);
b) Immobile sito in G. T. in via G. XXIII sito in G. T. in via G. XXIII, PIANO TERRA, individuato
catastalmente al Foglio n. (...) - part. (...) sub (...) - cat. (...);
c) Immobile sito in G. T. in via G. XXIII sito in G. T. in via G. XXIII n. 143, individuato catastalmente
al Foglio n. (...) - part. (...) - sub. (...) - cat. (...);
d) Immobile sito in G. T. in via G. XXIII sito in G. T. in via G. XXIII n. 143, individuato catastalmente
al Foglio n. (...) - part. (...), sub. (...) - cat. (...);
e) Immobile sito in G. T. in via P., individuato catastalmente al Foglio n. (...)- part. (...) - sub. (...)- cat.
(...).
A fronte del relictum così determinato, l'affermazione degli attori in ordine all'assenza di donazioni
in vita non è stata specificamente contestata, né è stata allegata e provata l'esistenza di eventuali
debiti della de cuius,
La causa va quindi rimessa sul ruolo istruttorio, come da separata ordinanza, per la verifica
dell'eventuale lesione e per la soluzione delle ulteriori questioni.
5. Il regolamento delle spese di lite va riservato all'esito della decisione definitiva
P.Q.M.
Il Tribunale di Palmi, Sezione Civile, uditi i procuratori delle parti, non definitivamente
pronunciando sulla domanda introdotta da P.M., P.M. (cl. (...)), A.M. e M.F.M. contro M.M., P.M. (cl.
(...)), E.M.M. e nei confronti di regorio M., V.M., F.M., G.F., E.M. e A.M., nella contumacia degli ultimi
quattro convenuti, così provvede:
- dichiara aperta la successione testamentaria di A.T., nata a G. T., il (...) ed ivi deceduta il 7.5.2018;
- Dispone l'estromissione dal giudizio della convenuta G.F.;
- Rigetta la domanda di invalidità del testamento;
- Dichiara inammissibili le domande di riduzione per lesione, proposte dai convenuti G.M. e V.M.;
- dichiara che la quota di riserva spettante agli attori è quella di 2/27 dell'intero;
- dichiara che, ai fini dell'azione di riduzione, la riunione fittizia va operata tenendo conto del valore,
all'epoca di apertura della successione, dei seguenti beni:
a) Immobile sito in G. T. in via G. XXIII sito in G. T. in via G. XXIII n. 8, individuato catastalmente al
Foglio n. (...) - part. (...) - cat. (...);
b) Immobile sito in G. T. in via G. XXIII sito in G. T. in via G. XXIII, PIANO TERRA, individuato
catastalmente al Foglio n. (...) - part. (...) sub (...) - cat. (...);
c) Immobile sito in G. T. in via G. XXIII sito in G. T. in via G. XXIII n. 143, individuato catastalmente
al Foglio n. (...) - part. (...) - sub. (...) - cat. (...);
d) Immobile sito in G. T. in via G. XXIII sito in G. T. in via G. XXIII n. 143, individuato catastalmente
al Foglio n. (...) - part. (...), sub. (...) - cat. (...);
e) Immobile sito in G. T. in via P., individuato catastalmente al Foglio n. (...)- part. (...) - sub. (...)- cat.
(...).
- rimette la causa sul ruolo, disponendo per la prosecuzione come da separata ordinanza;
- spese al definitivo.
Conclusione
Così deciso in Palmi, nella camera di consiglio del 2 dicembre 2024.
12-01-2025 06:38
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