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Sentenza

SUCCESSIONI - Validità della scrittura privata e patti successori (Cc, artico...
SUCCESSIONI - Validità della scrittura privata e patti successori (Cc, articoli 458 e 557)

Una scrittura privata stipulata tra i membri di una famiglia, finalizzata a riequilibrare la situazione economica generatasi a seguito di precedenti donazioni, assume particolare rilevanza nell’ambito dei rapporti patrimoniali fra parenti. Tale atto, che si configura come un accordo di compravendita intervenuto durante la vita del disponente, non integra una violazione del divieto di patti successori previsto dall’articolo 458 del codice civile. La validità e l’efficacia della scrittura privata sono garantite a condizione che il trasferimento dei diritti patrimoniali non sia subordinato alla morte del disponente e che l’oggetto dell’accordo non riguardi la futura successione. In questo contesto, la scrittura in questione può essere qualificata come contratto di transazione, volto a definire e sistemare in via definitiva le questioni economiche tra le parti senza interferire con le disposizioni successorie future. Pertanto, laddove l’accordo tra i familiari abbia natura transattiva e produca effetti immediati, senza legami con la morte del disponente né riferimento a futuri diritti ereditari, esso non rientra nel divieto di patti successori e mantiene la propria validità nell’ordinamento giuridico italiano.

    Corte d’Appello Messina, sezione II, sentenza 2 agosto 2025, n. 649 – Pres. Randazzo, Giud. Aus. Rel. Oliveri
LA CORTE DI APPELLO DI MESSINA
SEZIONE II CIVILE
Composta dai magistrati:
dott.ssa Vincenza RANDAZZO - Presidente
dott. Giuseppe MINUTOLI - Consigliere
dott. Arturo OLIVERI - Giudice ausiliario relatore
riunita in camera di consiglio, ha emesso la seguente
SENTENZA
nella causa civile in grado di appello iscritta al R.G. n. 195 dell'anno 2022 posta in decisione con
ordinanza del 13/03/2025 comunicata il 17/03/2025, vertente
TRA
C.F.G.A., nato a M., il (...), (cod. fis. (...)) rappresentato e difeso dall'Avv. …(avv…..), unitamente e
separatamente all'Avv. …(avv…), in virtù di mandato in atti ed elettivamente domiciliato presso il
loro studio in Messina Via …
APPELLANTE
E
C.C., nata a M. il (..) (cod. fis. (...)) rappresentata e difesa dall'Avv. … ed elettivamente domiciliata
presso il suo studio in Modena (MO) C.so …(…) giusta procura in atti
APPELLATA
C.F. nata a M. il (...) (cod. fis. (...)) rappresentata e difesa dall'Avv. …ed elettivamente domiciliata
presso il suo studio in Messina Via …(…)
APPELLATA
Avverso la sentenza n. ../2022, emessa dal Tribunale di Messina il 03/02/2022 nel procedimento R.G.
…/2020.
OGGETTO: azione di riduzione.
Svolgimento del processo
Con atto di citazione del 21/07/2020 C.F.G.A. conveniva in giudizio le sorelle C.F. e C.C. davanti al
Tribunale di Messina esponendo che in data 18/09/2018 era deceduta senza lasciare testamento A.S.,
madre delle parti in causa. Evidenziava che, con atto pubblico del 10/05/1999 in notar M.G., la de
cuius aveva trasferito alla figlia C.F., riservandosi l'usufrutto, la nuda proprietà di una villa
unifamiliare a due elevazioni con relative pertinenze, censita al Catasto Fabbricati al foglio di mappa
n. (...) particella (...), zona censuaria 2, categoria (...), classe (...), consistenza 9,5 vani, rendita catastale
Euro 539,70, sita in M., Contrada A., V.. S.; che, con successivo atto del 22/02/2000 in notar M.G.,
aveva poi trasferito alla medesima figlia C.F. anche il predetto diritto di usufrutto sul bene. L'attore
esponeva inoltre che con successivo atto pubblico del 07/02/2017 in notar M.G. la de cuius aveva
donato alla figlia C.C. un immobile/bottega censito al Catasto Fabbricati al foglio di mappa n. (...)
particella (...) sub (...), zona censuaria 2, categoria (...), classe (...), consistenza 60 mq, superficie
catastale totale 67 mq, rendita catastale Euro 1.605,15, sito in M. Via C. P. n. 42. 44-46, V. G., Contrada
P.. Rilevava che i due atti di compravendita con i quali la A. aveva trasferito alla figlia F. la nuda
proprietà e poi anche l'usufrutto della villa sita a V.S. erano simulati, dissimulando una donazione,
in quanto C.F. non aveva mai corrisposto alcuna somma di denaro a titolo di corrispettivo, ne ppure
quella irrisoria indicata nei relativi atti, ed i beni alienati non erano mai usciti dalla sfera di
disponibilità della de cuius sino alla sua morte. Lamentava che le suddette donazioni avevano leso
i diritti dell'istante quale legittimario, posto che, al momento dell'apertura della successione, non si
rinvenivano altri beni nell'asse ereditario, sicché egli era stato totalmente pretermesso. Chiedeva,
pertanto, la riduzione delle due donazioni, previo accertamento della simulazione delle due
compravendite, nella misura necessaria per reintegrare la quota di riserva a lui spettante, e che le
convenute fossero condannate a compensare il deducente in denaro per quanto a lui spettante.
Nell'instaurato giudizio R.G. .../2020 si costituiva C.C. la quale contestava la fondatezza delle
domande avversarie, evidenziando che, nell'anno 1999, la madre A.S. aveva raggiunto un accordo
con i figli al fine di riequilibrare la situazione economica gravemente sperequata derivante dalla
successione del marito C.G., deceduto il 28/06/1998, il quale, prima di morire, aveva ceduto la nuda
proprietà di tutti i propri cespiti immobiliari, costituiti da quattro botteghe di pregio nel centro
storico di Messina, all'unico figlio maschio C.F., cioè all'attore, riservandosi l'usufrutto ed ignorando
le due figlie, alle quali non aveva poi lasciato in eredità alcun bene. Rilevava che la madre, per evitare
che i figli intraprendessero iniziative giudiziarie, cercò di concordare con tutti una soluzione che
permettesse di evitare una lite, soluzione che appariva tanto più necessaria per il fatto che C.F. era
gravato da ingenti debiti dei quali la madre era garante e per i quali era stato già emesso un decreto
ingiuntivo. Evidenziava che le parti avevano, quindi, stipulato, in data 03/05/1999, una scrittura
privata, con la quale, dopo avere preso atto che il defunto padre aveva effettuato in favore del figlio
maschio C.F. importanti donazioni, i cui effetti intendevano riequilibrare, utilizzando anche i beni
materni, stabilivano, da una parte, che le due sorelle F. e C. rinunciavano espressamente ai loro diritti
di legittimari dell'eredità paterna, da valere con eventuale azione di riduzione delle donazioni lesive
ricevute dal loro fratello e che, in contropartita, sarebbe stato trasferito a C.C., in nuda proprietà,
l'immobile locale adibito a B., sito in M. V. G. Via C. P. n 42-44-46, della cui rendita locatizia doveva
continuare a godere la madre, mentre avrebbe dovuto essere trasferito a C.F. il diritto di nuda
proprietà dell'immobile sito in loc. V. S. A. del Comune di Messina, adibito ad abitazione della
madre; che, inoltre, la figlia F., risultando beneficiaria dell'immobile di maggior pregio di proprietà
della madre, avrebbe dovuto accollarsi gli ingenti debiti, per complessivi Euro 22.450,00, contratti
dal fratello F., con la garanzia prestata dalla madre S.A., liberando questi ultimi dall'ingiunzione
giudiziale. Osservava che l'atto pubblico stipulato il 10/05/1999 costituiva esecuzione dell'intesa
raggiunta con la scrittura privata del 03/05/1999 e che il prezzo ivi previsto a titolo di corrispettivo,
pari a L. 55.000.000, corrispondente ad Euro. 28.405,00, si era aggiunto ai pagamenti dei debiti che la
figlia si era accollata, mentre l'anno successivo la A. aveva ceduto alla figlia anche l'usufrutto che in
precedenza si era riservata, ma con l'accordo tra le parti di potere continuare ad abitare la casa,
poiché occorrevano altri soldi per eliminare delle ulteriori esposizioni debitorie. Rilevava che anche
la donazione del 17/02/2017 era stata effettuata in esecuzione del menzionato accordo, cui si era data
attuazione solo dopo diversi anni, in quanto la figlia aveva preferito non sostenere per anni i
conseguenti gravami fiscali senza benefici e non affrontare immediatamente le spese notarili.
Evidenziava, pertanto, che non si era al cospetto di atti di liberalità, ma di una fattispecie negoziale
complessa a titolo oneroso e, di conseguenza, che gli atti oggetto dell'azione di riduzione non
potevano ritenersi lesivi della quota legittima spettante all'attore, e in conclusione chiedeva,
pertanto, il rigetto delle domande dell'attore.
Si costituiva anche C.F. la quale svolgeva difese analoghe a quelle formulate dalla sorella C.;
evidenziava, inoltre, che ella era dovuta ricorrere al credito al fine di potere versare alla madre A.S.
gli importi oggetto dei due atti pubblici di compravendita che, secondo quanto affermato dall'attore,
avrebbero dissimulato una donazione. Rilevava, poi, che, ai fini della riunione fittizia, avrebbero
dovuto sottrarsi dal relictum tutti i debiti contratti dalla de cuius (anche quelli con i legittimari),
nonché le imposte di successione e le spese funerarie e che tra le donazioni indirette avrebbero
dovuto essere considerati anche i pagamenti di debiti altrui. Chiedeva, pertanto, il rigetto delle
domande attoree.
La causa era istruita documentalmente e quindi con sentenza del 03/02/2022 il Tribunale ha rigettato
la domanda condannando l'attore alla rifusione delle spese di lite. Il Giudice di prime cure ha
ritenuto che la scrittura privata del 03/05/1999 non rivestisse caratteristiche di patto successorio ma
semmai di transazione costituente accordo fra le parti, come tale valido ed efficace, non ravvisandosi
di conseguenza alcuna violazione di diritti ereditari dell'attore.
Avverso la suddetta sentenza C.F.G.A. ha proposto impugnazione; nell'instaurato giudizio in
secondo grado si sono costituite C.F. e C.C. chiedendo il rigetto dell'appello.
La causa era istruita mediante CTU affidata al consulente Ing. Stellario Guido Graffeo che depositava
il proprio elaborato peritale, e quindi rimessa al collegio e poi assegnata in decisione con ordinanza
del 13/03/2025 comunicata il 17/03/2025 e successivo deposito di scritti conclusionali.
Motivi della decisione
Con la propria impugnazione l'appellante contesta la sentenza di prime cure eccependone la nullità
per violazione degli artt. 1965 e ss. cod. civ., errata interpretazione della scrittura privata e violazione
degli artt. 1362 e ss. cod. civ. sull'interpretazione dei contratti, errata qualificazione del contratto,
come pure eccependone la nullità per omessa motivazione, contraddittorietà ed erroneità del
ragionamento argomentativo contenuto in sentenza. In particolare l'appellante contesta il fatto che
la sentenza respinge la sua domanda di reintegrazione della quota di legittima dell'eredità della
propria madre A.S., sul presupposto che la scrittura privata del 03/05/1999, consistendo in una vera
e propria transazione tra tutte le parti firmatarie (i tre fratelli e la madre), deve considerarsi quale
accordo stipulato tra tutti i beneficiari delle disposizioni lesive o delle donazioni, idoneo a sostituire
"il positivo esperimento dell'azione di riduzione da parte del legittimario", poiché con esso "le parti
intendono raggiungere un risultato del tutto o in parte sovrapponibile a quello conseguibile
attraverso il provvedimento del giudice".
Secondo l'appellante la scrittura privata in questione non è atto di transazione e soprattutto non è
atto di transazione in relazione alla sua posizione, essendosi egli limitato a dichiarare in calce all'atto
"Il sig. C.F. consente a che la propria madre proceda agli atti di vendita sopra menzionati,
dichiarando fin d'ora per rato e valido l'operato"; l'appellante sostiene che la scrittura privata non è
atto transattivo perché tra le parti che hanno partecipato all'atto (le figlie e la madre) non vi era
alcuna lite in corso, né controversia da prevenire, e nemmeno alcuna res dubia,, e semplicemente le
parti nelle premesse fanno riferimento alla successione del padre C.G., giustificando la scrittura
come atto di sistemazione generale del patrimonio tutt'ora esistente e al punto 2) delle pattuizioni
affermano: "I comparenti ratificano l'avvenuta cessione dei beni immobili donati al Sig. C.F. dal de-
cuius con atto di donazione a suo tempo stipulato, rinunciando espressamente, con la sottoscrizione
della presente, a qualsiasi pretesa sulle avvenute donazioni". Ciò significa che la madre e le sorelle,
nel pieno possesso dei loro diritti e dopo l'apertura della successione del padre -marito, hanno
rinunciato alla loro quota di riserva e la loro rinuncia era perfettamente lecita e ammissibile
intervenendo in un momento successivo rispetto all'apertura della successione.
Evidenzia l'appellante che: a) nella scrittura privata non si fa riferimento alla sussistenza di liti attuali
o potenziali tra i comparenti; b) la scrittura privata espressamente afferma che le parti intendono
dare una sistemazione al patrimonio materno; c) viene previsto che le germane Casale rinuncino alla
legittima sulla successione paterna (rinuncia, ripetesi, perfettamente valida ed efficace atteso che tale
successione era già aperta); d) viene previsto che le germane Casale acquistino a titolo oneroso dalla
madre; e) viene previsto che C.F. adempia alle obbligazioni della madre e del fratello per l'importo
di L. 35.952.361 (trentacinquemilioninovecentocinquanta-duemilatrecentosessantuno) e del solo
fratello per l'importo di L. 15.030.030 (quindicimilionitrentamilaetrenta; f) dal canto suo la madre,
lesa dalle disposizioni negoziali del marito, in aggiunta si obbliga a vendere i suoi unici beni;
secondo l'appellante tale quadro negoziale, più che ad una transazione, fa pensare ad un reciproco
obbligarsi per raggiungere un programma concordato di conveniente assetto di interessi (per le
sorelle), vivente la madre e giammai tale atto può configurare una transazione poiché nella scrittura
privata non si riscontra certamente alcuna res dubia.
L'appellante eccepisce anche la nullità della sentenza per violazione degli artt. 458 e 557 cod. civ, in
quanto il giudice di prime cure respinge la domanda assumendo che "l'accordo negoziale contenuto
nella scrittura privata del 3 maggio 1999 non può certamente essere considerato nullo e inefficace,
dovendosi escludere che esso violi il divieto di patti successori".
L'appellante evidenzia che il Tribunale, nel ravvisare una volontà di rinunciare anche ai diritti
vantati quale legittimario rispetto alla successione materna, non ha colto il dato fondamentale,
costituito dal fatto che la scrittura privata è stata conclusa prima del decesso della genitrice, la quale
ha pure partecipato al preteso atto transattivo; ne consegue che la ipotetica rinuncia a diritti di natura
successoria del Casale rispetto alla successione della madre è avvenuta in epoca anteriore
all'apertura della successione, così che l'accordo, anche a volerne ravvisare la natura abdicativa,
ammesso che sia stato raggiunto, è stato raggiunto in evidente violazione delle previsioni di cui agli
artt. 458 e 557 cod. civ.. Secondo l'appellante, in base ai principi che regolano la materia successoria,
la sussistenza dei diritti del legittimario può essere determinata solo al momento dell'apertura della
successione, costituito dal momento a partire dal quale al legittimario è dato far valere le sue pretese
alla quota di riserva, e di conseguenza il suo intervento nella scrittura privata, di consenso a che la
propria madre procedesse agli atti di vendita ivi menzionati, ratificandone l'operato, non può
estendersi alle pretese vantate sulla successione materna.
L'appellante contesta quindi che il giudice di prime cure ha rigettato l'eccezione di nullità della
scrittura privata sul presupposto che il predetto atto è da qualificarsi "patto successorio", ritenendo
che "mancano tutti i presupposti per poter riconoscere alla convenzione stipulata dalle parti natura
di patto di successorio"; contesta anche il fatto che il Tribunale non ha tenuto conto del fatto che non
tutte le previsioni contenute nella scrittura privata sono poi state rispettate e ciò in quanto essa
prevedeva non già trasferimenti a titolo gratuito dei beni di proprietà della sig.ra A.S., bensì vendite
e cioè trasferimenti a titolo oneroso, e quindi in conclusione chiede dichiararsi lesivi dei suoi diritti
successori gli atti di trasferimento in questione, dissimulando le vendite una vera e propria
donazione, con il conseguenziale accoglimento della sua domanda di riduzione.
Osserva la Corte che la principale questione posta dal Giudice di prime cure a fondamento della sua
decisione, riguarda l'inquadramento giuridico della scrittura privata del 03/05/1999, ovvero se il
contenuto della stessa possa o meno rivestire le caratteristiche di patto successorio ovvero, per come
ritenuto dal Tribunale, di mera transazione.
In essa le parti "Premesso che a seguito della morte del congiunto C.G. si rende necessario dare una
sistemazione al patrimonio tutt'ora esistente e quant'altro" convengono e stipulano che "1. I
comparenti ratificano l'avvenuta cessione dei beni immobili donati al signor C.F. dal de
cuius…rinunciando …a qualsiasi pretesa sulle avvenute donazioni; 2 La signora C.C. accetta di
acquistare dalla propria madre (unica proprietaria) la nuda proprietà dell'intero immobile sito in G.,
attualmente destinato a bar, condotto in locazione dal sig. P.A.", ed ancora "La vendita procede solo
per la nuda proprietà dell'immobile, come prima detto, riservandosi la venditrice il relativo
usufrutto vita natural durante, garantendo che non cederà tale diritto di usufrutto ad alcuno, poiché
è sua espressa intenzione che, alla propria dipartita, tale usufrutto appartenga interamente alla figlia
C.C.. 4. La sig.ra C.F. accetta di acquistare dalla propria madre A.S. (unica proprietaria) l'intero
immobile, sito al V. S. A. del Comune di Messina, attualmente occupato dalla venditrice quale casa
di abitazione. La vendita viene effettuata limitatamente alla nuda proprietà, riservandosi la
venditrice l'usufrutto vita natural durante, ma con l'espressa garanzia che non cederà tale diritto di
usufrutto ad alcuno, essendo sua espressa intenzione che, alla propria dipartita, tale usufrutto
appartenga interamente alla figlia C.F.". La sig.ra C.F. si accolla i debiti a carico della madre e dei
fratelli e C.F. "consente a che la propria madre proceda agli atti di vendita sopra menzionati,
dichiarando fin da ora per rato e valido l'operato".
La norma invocata dall'appellante, ovvero l'art. 458 cod. civ., vieta tutti i patti successori siano essi
istitutivi, consistenti cioè nella delazione contrattuale o pattizia dell'eredità, dispositivi ovvero
costituenti un contratto oppure un negozio unilaterale attraverso cui un soggetto dispone di diritti
che gli deriverebbero da una successione proveniente da altri e che deve ancora essere aperta e
rinunziativi, ovvero quelli attraverso i quali si rinuncia ai diritti eventualmente spettanti; quanto
sopra per tutelare e garantire il soggetto sulla libera disponibilità del proprio asse ereditario fino
all'ultimo dei suoi giorni.
In argomento la suprema Corte è costante nel ritenere che "In tema di patti successori, per stabilire
se una determinata pattuizione ricada sotto la comminatoria di nullità di cui all'art. 458 cod. civ..
occorre accertare: 1) se il vincolo giuridico con essa creato abbia avuto la specifica finalità di
costituire, modificare, trasmettere o estinguere diritti relativi ad una successione non ancora aperta;
2) se la cosa o i diritti formanti oggetto della convenzione siano stati considerati dai contraenti come
entità della futura successione o debbano comunque essere compresi nella stessa; 3) se il promittente
abbia inteso provvedere in tutto o in parte della propria successione, privandosi, così dello "jus
poenitendi"; 4) se l'acquirente abbia contrattato o stipulato come avente diritto alla successione
stessa; 5) se il convenuto trasferimento, dal promittente al promissario, debba aver luogo "mortis
causa", ossia a titolo di eredità o di legato" (per tutte ordinanza 24/05/2021, n. 14110).
La Corte ritiene in proposito di concordare con le determinazioni rese dal Giudice di prime cure.
Va innanzi tutto rilevato che la madre A.S. dispone di suoi diritti fin da subito, e cioè per quando
essa è e sarà ancora in vita, assumendo una decisione per la quale viene a spogliarsi della proprietà
non già in vista della sua morte e quindi con riferimento alla sua futura successione, ma
nell'immediatezza, come chiunque decida di voler disporre ed amministrare il suo patrimonio
liberamente nella piena disponibilità delle proprie determinazioni.
Di recente la Suprema Corte sez. II civile, con sentenza n. 722 del 9/01/ 2024 si è pronunciata proprio
su una vicenda del tutto analoga nella quale un fratello chiedeva al Tribunale la revoca, ex art. 803
cod. civ.., della donazione di quote di partecipazione di una società che aveva disposto in favore
delle sorelle, le quali si costituivano eccependo che l'atto, formalmente intestato come donazione, in
realtà costituiva di fatto l'esecuzione di un accordo formalizzato con scrittura privata, con il quale i
genitori avevano inteso definire, assieme ai figli, il futuro assetto della divisione dei propri beni tra
i figli medesimi; le sorelle convenute deducevano che detto accordo, sottoscritto da tutti i membri
della famiglia, contemplava appunto anche l'impegno del fratello al fine di riequilibrare precedenti
attribuzioni dei genitori effettuate in favore dello stesso e che la donazione di cui il fratello chiedeva
la revocazione veniva in realtà a dissimulare un negozio con funzione solutoria, in adempimento
dell'impegno precedentemente assunto, mentre a sua volta il fratello stesso replicava deducendo la
nullità della scrittura privata in quanto in violazione del divieto dei patti successori di cui all'art. 458
cod. civ..
La Corte di Cassazione, dopo la pronuncia della Corte di appello che riteneva patto successorio la
scrittura in questione, accoglieva il ricorso delle sorelle ed ha chiarito che "per stabilire se una
determinata pattuizione rientra nell'ipotesi stabilita dall'art. 458 c.c., è necessario accertare: 1) che il
vincolo giuridico con essa creato abbia avuto la specifica finalità di costituire, modificare, trasmettere
o estinguere diritti relativi ad una successione non ancora aperta; 2) che la cosa o i diritti f ormanti
l'oggetto della convenzione siano stati considerati dai contraenti come entità della futura successione
o siano comunque compresi nella stessa; 3) che il promittente abbia inteso provvedere in tutto o in
parte della propria successione, privandosi, così dello ius poenitendi; 4) che l'acquirente abbia
contrattato o stipulato come avente diritto alla successione stessa; 5) che il convenuto trasferimento,
dal promittente al promissario, avvenga mortis causa, ossia a titolo di eredità o di legato".
Aggiunge la Suprema Corte che "in tema di patti successori, l'atto mortis causa, rilevante gli effetti
di cui all'art. 458 c.c., è esclusivamente quello nel quale la morte incide non già sul profilo effettuale
(ben potendo il decesso di uno dei contraenti fungere da termine o condizione), ma sul piano causale,
essendo diretto a disciplinare rapporti e situazioni che vengono a formarsi in via originaria con la
morte del soggetto o che dalla sua morte traggono comunque una loro autonoma qualificazione,
sicché la morte deve incidere sia sull'oggetto della disposizione sia sul soggetto che ne beneficia: in
relazione al primo profilo l'attribuzione deve concernere l'id quod superest, ed in relazione al
secondo deve beneficiare un soggetto solo in quanto reputato ancora esistente al momento
dell'apertura della successione"; ed ancora che "il principio per cui l'impegno assunto da fratelli,
d'intesa con i genitori, di procedere a forma di conguaglio o compensazione per la differenza di
valore dei beni loro donati in vita dai genitori non viola il divieto di patti successori, in quanto non
viene ad investire i diritti spettanti sulla futura successione mortis causa del genitore ed anzi non
trova in quest'ultima il presupposto causale".
Sulla scorta di tali principi può ritenersi che nella fattispecie per cui è causa la scrittura privata del
03/05/1999 non determini affatto violazione del divieto di patti successori fra le parti, in quanto non
ha investito i diritti spettanti alle parti sulla futura successione della madre A.S. e tanto meno su
quella ormai definita del padre C.G.; come già evidenziato, A.S. non ha disposto della prora eredità,
non concretizzando alcun patto istitutivo, in quanto ha deciso dei propri beni per quando era ancora
in vita e non ha realizzato alcuna delazione contrattuale o pattizia dell'eredità; allo stesso tempo le
figlie C. e F. non hanno realizzato alcun patto dispositivo, non avendo infatti disposto dei diritti della
futura successione ma semmai essendosi limitate a definire fin da subito i complessivi rapporti
patrimoniali dell'intera famiglia. C.F., inoltre, non ha concretizzato alcun patto successorio,
nemmeno rinunciativo, non avendo infatti rinunciato ai diritti sulla futura successone della madre
ma semmai prestando solo acquiescenza ad una operazione contrattuale posa in essere in quel
momento.
Può quindi concordarsi con la valutazione del Tribunale, atteso che nella scrittura privata in
questione le parti hanno dichiarato di rinunciare a qualsiasi pretesa sulle donazioni effettuate dal
padre C.G. al figlio F. ed hanno poi regolamentato i loro rapporti in modo da fare conseguire ad A.S.
ed alle figlie C. e F. altri vantaggi economici, consistenti, per le figlie, nell'acquisto della nuda
proprietà degli immobili di proprietà della madre, e per A.S., nella liberazione dai debiti di cui la
stessa era gravata unitamente al figlio F.; per come ritenuto dal Giudice di prime cure, tale contrato
non sembra, pertanto, qualificabile come negozio di accertamento dichiarativo, poiché gli effetti che
ne sono derivati non sembrano sovrapponibili a quelli della sentenza che avrebbe potuto accogliere
una eventuale azione di riduzione, mentre sembra più propriamente qualificabile come contratto di
transazione.
Del resto per sua natura la transazione è quel contratto con il quale le parti prevengono l'insorgere
di una lite o pongono fine ad una lite facendosi reciproche concessioni; l'osservazione per la quale
non vi era alcuna lite in corso e pertanto non vi era ragione di concludere alcuna transazione non
coglie nel segno, e ciò non solo perché la transazione può mirare e prevenire le liti future, ma anche
perché la ricostruzione storica dei fatti porta a ritenere che verosimilmente vi sarebbe stata fra le
parti una possibile futura lite laddove si consideri che il figlio F. era stato beneficiato in vita dal padre
ed avrebbe poi ugualmente concorso nella successione materna insieme alle sorelle che, in tal modo
penalizzate, avrebbero potuto invocare giudizialmente i propri diritti.
Non può nemmeno dubitarsi dell'esistenza nella fattispecie in esame sia del requisito della res dubia,
stante il contrasto tra parti in ordine alla entità della lesione dei diritti spettanti ad A.S., a C.C. ed a
C.F. a seguito della donazione effettuata da C.G. al figlio F., sia delle reciproche concessioni, tenuto
conto che le parti hanno rinunciato ad esperire l'azione di riduzione.
In conclusione, essendo la scrittura privata del 03/05/1999 una sostanziale transazione e non già un
atto in violazione del divieto di patti successori, essa è da ritenersi valida ed efficace fra tutte le parti
e quindi anche nei confronti dell'appellante; trattasi quindi di un atto oneroso fra vivi che spiega
pienamente i suoi effetti e che ha definito interamente i rapporti fra le parti.
Ne consegue che C.F. non può invocare alcuna lesione dei propri diritti sulla successione materna e
quindi sulla inconsistenza dell'asse ereditario e pertanto la sua domanda impostata come azione di
riduzione ereditaria risulta infondata e va respinta.
L'impugnata sentenza va pertanto confermata.
Spese e compensi del giudizio, liquidati come da dispositivo sulla scorta del D.M. Ministero della
Giustizia n. 55 del 10 marzo 2014 e dello scaglione per cause del valore dichiarato seguono la
soccombenza.
Va infine considerato il disposto dell'art. 1, comma 17, della L. 24 dicembre 2012, n. 228 che ha
aggiunto il comma 1 quater all'art. 13 del testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, per il
quale: "Quando l'impugnazione, anche incidentale, è respinta integralmente o è dichiarata
inammissibile o improcedibile, la parte che l'ha proposta è tenuta a versare un ulteriore importo a
titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione, principale o
incidentale, a norma del comma 1 bis"
Atteso l'integrale rigetto dell'appello sussistono i presupposti per l'applicazione della suddetta
norma a carico di parte appellante per la condanna al versamento in favore dell'erario dell'importo
pari al contributo unificato versato per l'iscrizione a ruolo del procedimento.
P.Q.M.
La Corte di Appello di Messina, Sezione II civile, definitivamente pronunciando sull'appello
proposto da C.F.G.A. avverso la sentenza n. ../2022, emessa dal Tribunale di Messina, I sezione civile,
in composizione collegiale, il 03/02/2022 nel procedimento R.G. …/2020, così provvede:
1) Rigetta l'appello e conferma l'impugnata sentenza;
2) Condanna C.F. al rimborso in favore di ciascuna delle appellate di spese e compensi del presente
grado giudizio che liquida in complessivi Euro 6.500,00 per ciascuna, oltre rimborso spese generali
nella misura del 15%, C.P.A. ed I.V.A.;
3) Dichiara sussistenti i presupposti dell'art. 1, comma 17, della L. 24 dicembre 2012, n. 228 che ha
aggiunto il comma 1 quater all'art. 13 del testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 per la
condanna di parte appellante al versamento in favore dell'Erario dell'importo pari al contributo
unificato versato per l'iscrizione a ruolo del procedimento.
Conclusione
Così deciso in Messina, camera di consiglio del 24 giugno 2025
Depositata in Cancelleria il 2 agosto 2025.
Avv. Antonino Sugamele

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