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Sentenza

Successioni mortis causa - Patto successorio - Nullità - Donazioni fatte in vita...
Successioni mortis causa - Patto successorio - Nullità - Donazioni fatte in vita dal de cuius - Collazione - Natura - Disciplina
Corte di Cassazione, Sezione 2 civile

Sentenza 17 ottobre 2019, n. 26486
Data udienza 9 maggio 2019


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi - Presidente

Dott. PICARONI Elisa - Consigliere

Dott. FALASCHI Milena - Consigliere

Dott. ABETE Luigi - rel. Consigliere

Dott. DONGIACOMO Giuseppe - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso n. 29228 - 2015 R.G. proposto da:

(OMISSIS), - c.f. (OMISSIS) - elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell'avvocato (OMISSIS) che disgiuntamente e congiuntamente all'avvocato (OMISSIS) ed all'avvocato (OMISSIS) lo rappresenta e difende in virtu' di procura speciale in calce al ricorso.

- ricorrente -

contro

(OMISSIS) c.f. (OMISSIS) - elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell'avvocato (OMISSIS) che disgiuntamente e congiuntamente all'avvocato (OMISSIS) ed all'avvocato (OMISSIS) la rappresenta e difende in virtu' di procura speciale a margine del controricorso.

- controricorrente - ricorrente incidentale -

e

(OMISSIS) - c.f. (OMISSIS) - rappresentato e difeso in virtu' di procura speciale in calce al controricorso dall'avvocato (OMISSIS) ed elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell'avvocato (OMISSIS).

- controricorrente - ricorrente incidentale -

avverso la sentenza n. 1964 dei 9.6/19.8.2015 della corte d'appello di Venezia;

udita la relazione della causa svolta all'udienza pubblica del 9 maggio 2019 dal consigliere Dott. Luigi Abete;

udito il Pubblico Ministero, in persona del sostituto procuratore generale Dott. Capasso Lucio, che ha concluso per il rigetto del ricorso principale e dei ricorsi incidentali;

uditi l'avvocato (OMISSIS) e l'avvocato (OMISSIS) per il ricorrente (OMISSIS);

uditi l'avvocato (OMISSIS) e l'avvocato (OMISSIS) per la controricorrente (OMISSIS);

udito l'avvocato (OMISSIS), per delega dell'avvocato (OMISSIS), per il controricorrente (OMISSIS).

FATTI DI CAUSA

Nella causa promossa da (OMISSIS) nei confronti dei germani (OMISSIS) e (OMISSIS) con atto di citazione notificato il 28.9.2009 ed il 20.10.2009, avente ad oggetto la divisione dell'eredita' della comune genitrice, (OMISSIS), deceduta il (OMISSIS), alla stregua del testamento olografo dell'(OMISSIS), pubblicato l'(OMISSIS), il tribunale di Padova con sentenza non definitiva n. 1597/2012 - tra l'altro - cosi' provvedeva:

dichiarava aperta la successione della testatrice; dichiarava la nullita' ex articolo 458 c.c., in quanto patto successorio, del contratto stipulato dai coeredi il (OMISSIS); dichiarava la nullita', in quanto attuativa di patto successorio nullo, della compravendita stipulata da (OMISSIS) e (OMISSIS) con rogito del (OMISSIS); dichiarava l'operativita' della disposizione testamentaria "sanzionatoria - sostitutiva" e, per l'effetto, dichiarava il coerede (OMISSIS) avente diritto alla quota dei 5/9 dell'asse, i coeredi (OMISSIS) e (OMISSIS) aventi diritto, ciascuno, alla quota dei 2/9 dell'asse; rigettava la domanda di usucapione proposta da (OMISSIS); dichiarava (OMISSIS) tenuta alla collazione dell'appartamento in (OMISSIS), imputando il valore del cespite come occupato al tempo dell'apertura della successione; dichiarava (OMISSIS) e (OMISSIS) tenuti, ciascuno, alla collazione della quota di 1/2 dell'appartamento e dell'annesso cortile pertinenziale in (OMISSIS), imputando il valore del complesso immobiliare come occupato al tempo dell'apertura della successione; riservava alla sentenza definitiva la disciplina delle spese di lite.

Con separata ordinanza il tribunale disponeva per il prosieguo istruttorio. Avverso la sentenza n. 1597/2012 proponeva appello (OMISSIS).

Si costituiva (OMISSIS).

Si costituiva (OMISSIS).

Avverso la sentenza n. 1597/2012 proponeva separato appello (OMISSIS).

Si costituiva (OMISSIS).

Si costituiva (OMISSIS); esperiva appello incidentale.

Con sentenza n. 1964 dei 9.6/19.8.2015 la corte d'appello di Venezia, riuniti i gravami, cosi' provvedeva:

rigettava l'appello proposto da (OMISSIS);

accoglieva parzialmente l'appello proposto da (OMISSIS) ed, in parziale riforma della gravata sentenza, dichiarava (OMISSIS) tenuta alla collazione della somma di Euro 12.911,42 (lire 25.000.000) ricevuta a seguito della vendita dell'appartamento in (OMISSIS) (anziche' tenuta alla collazione per imputazione del valore del cespite come occupato al tempo dell'apertura della successione);

rigettava l'appello incidentale esperito da (OMISSIS);

compensava, limitatamente al rapporto processuale tra (OMISSIS) e (OMISSIS), fino a concorrenza di 1/2 le spese di lite e condannava (OMISSIS) a rimborsare alla sorella il residuo 1/2;

compensava integralmente le spese del grado con riferimento agli ulteriori rapporti processuali.

Premetteva la corte quanto segue.

Nel testamento olografo dell'(OMISSIS) la de cuius aveva dapprima precisato di aver in vita gia' dato alla figlia (OMISSIS), "anche se non formalmente", l'appartamento in (OMISSIS) (appartamento venduto con atto del 22.3.1974 e con incasso del prezzo da parte di (OMISSIS)), di aver in vita finanziato l'acquisto, per pari quote, da parte dei figli (OMISSIS) e (OMISSIS) dell'appartamento in (OMISSIS), e di abitare nell'appartamento in (OMISSIS).

Dipoi - la de cuius - aveva col testamento stabilito che, all'apertura della successione, "la valutazione di detti appartamenti venga fatta come se tutti e tre fossero allora ricevuti in eredita'" (cfr. sentenza d'appello, pag. 11), considerando come occupati l'appartamento di (OMISSIS), e l'appartamento di (OMISSIS), e come libero l'appartamento di (OMISSIS).

Al contempo - la de cuius - aveva disposto che ciascuno dei tre figli avrebbe dovuto considerare come dovutogli 1/3 del complessivo valore dei cespiti, che (OMISSIS) avrebbe dovuto considerare come assegnatole l'appartamento di (OMISSIS), e (OMISSIS) e (OMISSIS) come ad essi assegnato l'appartamento di (OMISSIS).

Infine - la de cuius - aveva statuito che, se taluno dei coeredi non si fosse uniformato alle disposizioni testamentarie, avrebbe avuto diritto unicamente alla legittima, sicche' al coerede, ai coeredi ottemperanti sarebbe spettata la quota disponibile.

Indi la corte esponeva quanto segue.

L'interpretazione del testamento prospettata da (OMISSIS) - secondo cui l'appartamento in (OMISSIS), era da reputar a lui, che gia' ne godeva, assegnato per intero - era da disattendere; invero "dalla lettura del testamento si evince(va) chiaramente che gli immobili di (OMISSIS) e quello di (OMISSIS) (ove abitava la de cuius) venivano attribuiti ai figli (OMISSIS) e (OMISSIS) congiuntamente (e non disgiuntamente, non sussistendo alcun vocabolo che consenta di supporlo)" (cosi' sentenza d'appello, pag. 15); in pari tempo l'interpretazione della volonta' testamentaria patrocinata da (OMISSIS), siccome divergente dalla reale ed effettiva volonta' della testatrice, era "di per se' sufficiente ad integrare la previsione per l'applicazione della clausola sanzionatoria" (cosi' sentenza d'appello, pag. 16).

(OMISSIS) aveva sostenuto di aver ricevuto in donazione dalla madre non gia' l'appartamento di (OMISSIS), bensi' il prezzo ricavato dalla relativa vendita, sicche' era tenuta alla collazione del denaro attribuitole; che in tal guisa aveva "frapposto ostacoli alla esecuzione del testamento materno" (cosi' sentenza d'appello, pag. 18), sicche' correttamente il primo giudice aveva nei suoi confronti fatto luogo all'applicazione della clausola sanzionatoria.

La testatrice comunque aveva previsto che la figlia (OMISSIS) avrebbe dovuto imputare il valore, come occupato, dell'appartamento di (OMISSIS), qualora, uniformandosi alla volonta' testamentaria, avesse inteso concorrere con i fratelli alla divisione della disponibile; (OMISSIS) al concorso sulla disponibile viceversa si era sottratta, sicche' il valore da imputare, ai fini della collazione, alla quota di legittima a costei riservata non poteva che identificarsi con il denaro - attribuitole - ricavato dalla vendita, nel (OMISSIS), del suddetto appartamento, denaro di importo pari, in assenza di prova di un maggior ammontare, ad Euro 12.911,42 (pari a Lire 25.000.000).

In ordine all'appello incidentale esperito ("per il caso di accoglimento dell'appello di (OMISSIS) sulla collazione": cosi' sentenza d'appello, pag. 20) da (OMISSIS) - il quale, a censura del primo dictum, aveva addotto di essere tenuto piuttosto all'imputazione del denaro ricevuto dalla madre ai fini dell'acquisto pro quota del complesso immobiliare in Padova - era pacifico, siccome riconosciuto dallo stesso (OMISSIS), che la donazione del denaro fosse stata finalizzata all'acquisto immobiliare; cosicche' la previsione della testatrice, secondo cui, ai fini della collazione, dovesse imputarsi il valore dell'appartamento di Padova come occupato al tempo dell'apertura della successione, era senza dubbio conforme al dettato normativo.

Destituito di fondamento era il motivo dell'appello principale proposto da (OMISSIS), con il quale costui aveva censurato la qualificazione operata dal primo giudice in guisa di "patto successorio" dell'accordo siglato dai coeredi in data (OMISSIS); difatti - e tra l'altro - la volonta' dei contraenti di addivenire alla divisione della eredita' futura era stata oggetto di esplicita menzione nelle premesse dell'atto.

(OMISSIS) era rimasto soccombente rispetto alla diversa imputazione invocata dalla sorella nonche' in dipendenza del rigetto dell'esperito appello incidentale, sicche' si giustificava la sua condanna a rimborsare alla germana le spese del grado, seppur fino a concorrenza della quota di 1/2.

Avverso la sentenza n. 1964/2015 ha proposto ricorso (OMISSIS); ne ha chiesto sulla scorta di sette motivi la cassazione con ogni conseguente statuizione in ordine alle spese.

(OMISSIS) ha depositato controricorso contenente ricorso incidentale articolato in un unico motivo; ha chiesto dichiararsi inammissibile o rigettarsi il ricorso principale ed accogliersi l'esperito motivo di ricorso incidentale; con ogni susseguente statuizione anche in ordine alle spese.

(OMISSIS) ha depositato controricorso contenente ricorso incidentale articolato in cinque motivi, di cui il quarto a doppio titolo condizionato; ha chiesto dichiararsi inammissibile o rigettarsi il ricorso principale ed accogliersi l'esperito ricorso incidentale; con ogni conseguente statuizione anche in ordine alle spese.

(OMISSIS) ha depositato controricorso onde resistere al ricorso incidentale di (OMISSIS).

(OMISSIS) ha depositato controricorso onde resistere al ricorso incidentale di (OMISSIS).

(OMISSIS) ha depositato memoria ex articolo 378 c.p.c..

Del pari hanno depositato distinta memoria ex articolo 378 c.p.c. (OMISSIS) e (OMISSIS).

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il ricorrente principale, (OMISSIS), denuncia ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la violazione dell'articolo 112 c.p.c..

Deduce che l'appartamento di (OMISSIS), siccome in comproprieta' sua e del fratello (OMISSIS), non e' mai entrato nel patrimonio della testatrice, sicche' la de cuius non ne poteva disporre per testamento; che del resto nessuna parte ha mai sostenuto che l'immobile di (OMISSIS) fosse stato assegnato per testamento.

Il primo motivo del ricorso principale va respinto.

Questa Corte spiega quanto segue.

Per un verso, che, in presenza di donazioni fatte in vita dal de cuius, la collazione ereditaria - in entrambe le forme previste dalla legge, per conferimento del bene in natura ovvero per imputazione - e' uno strumento giuridico volto alla formazione della massa ereditaria da dividere (cfr. Cass. 18.7.2005, n. 15131; Cass. 6.11.1986, n. 6490).

Per altro verso, in presenza di donazioni fatte in vita dal de cuius, la collazione e' una operazione necessaria nel corso del procedimento divisionale, essendo diretta a ristabilire l'equilibrio e la parita' di trattamento tra i vari condividenti, cosi' da non alterare il rapporto di valore tra le varie quote e garantire a ciascuno degli eredi la possibilita' di conseguire una quantita' di beni proporzionata alla propria quota; sicche' l'obbligo della collazione sorge automaticamente a seguito dell'apertura della successione ed i beni donati devono essere conferiti indipendentemente da una espressa domanda dei condividenti, mentre chi eccepisce un fatto ostativo alla collazione ha l'onere di fornirne la prova (cfr. Cass. 1.2.1995, n. 1159; Cass. 18.7.2005, n. 15131; Cass. 14.4.2011, n. 8507).

Per altro verso ancora, che, nell'ipotesi di acquisto di un immobile con denaro proprio del disponente ed intestazione ad altro soggetto, che il disponente intenda in tal modo beneficiare (e' il caso di cui al presente motivo di ricorso: "l'immobile era stato acquistato (...) direttamente dai fratelli (OMISSIS) utilizzando un finanziamento della madre": cosi' ricorso principale, pag. 15), si configura la donazione indiretta dell'immobile e non del denaro impiegato per l'acquisto, sicche', in caso di collazione, secondo le previsioni dell'articolo 737 c.c., il conferimento deve avere ad oggetto l'immobile e non il denaro (cfr. Cass. 4.9.2015, n. 17604; Cass. 30.5.2017, n. 13619).

Su tale scorta per nulla si giustificano ne' l'addotto grave errore correlato all'"inserimento dell'immobile di (OMISSIS) nell'ambito dispositivo del testamento" (cosi' ricorso principale, pag. 18), ne' l'addotta non pertinenza alla titolarita' dell'immobile del criterio di interpretazione della scheda testamentaria recepito dalla corte di merito (cfr. ricorso principale, pag. 18; sentenza d'appello, pagg. 11 - 12), ne' l'addotta violazione del principio di "corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato" (ovvero l'addotta "palese violazione dell'articolo 112 c.p.c.": cosi' memoria ex articolo 378 c.p.c. di (OMISSIS), pag. 2).

Con il secondo motivo il ricorrente principale, (OMISSIS), denuncia ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione dell'articolo 458 c.c.; ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4, il vizio di motivazione.

Deduce che, allorquando i coeredi hanno siglato l'accordo, in data (OMISSIS), qualificato in guisa di patto successorio, l'appartamento di (OMISSIS), siccome in comproprieta' sua e del fratello (OMISSIS), non faceva parte del patrimonio della de cuius.

Deduce conseguentemente che non e' configurabile rispetto al medesimo cespite un patto successorio ed ulteriormente che va esclusa la nullita' della cessione di quota siglata con il fratello (OMISSIS) col rogito del (OMISSIS).

Il secondo motivo del ricorso principale del pari va respinto.

Il vizio di motivazione veicolato dal mezzo in disamina, ancorche' correlato alla previsione del n. 4, anziche', siccome sarebbe stato rituale, alla previsione dell'articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5 e' a rigore inammissibile ex articolo 348 ter c.p.c., comma 5, (cfr. in tal senso controricorso di (OMISSIS), pag. 12).

Si tenga conto, da un lato, che gli appelli sono stati proposti con citazioni notificate in data 5 ed 8 ottobre 2012 (cfr. ricorso principale, pag. 10). Talche' si applica ratione temporis alla fattispecie la previsione di cui all'articolo 348 ter c.p.c., comma 5, che esclude che possa essere impugnata con ricorso per cassazione ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5 la sentenza di appello "che conferma la decisione di primo grado" (cfr. Cass. 18.12.2014, n. 26860, secondo cui l'articolo 348 ter c.p.c., comma 5, non si applica ai giudizi di appello introdotti con ricorso depositato o con citazione di cui sia stata richiesta la notificazione anteriormente all'11.9.2012).

Si tenga conto, dall'altro, che in parte qua agitur la statuizione di seconde cure ha integralmente confermato la statuizione di prime cure. E, comunque, che in ipotesi di "doppia conforme" ex articolo 348 ter c.p.c., comma 5, il ricorrente in cassazione - onde evitare l'inammissibilita' del motivo di cui all'articolo 360 c.p.c., n. 5 - deve indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell'appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (cfr. Cass. 22.12.2016, n. 26774).

In ogni caso si rappresenta quanto segue.

L'appartamento di (OMISSIS), oggetto ex se (e non gia' per il denaro impiegato ai fini del suo acquisto) di collazione (articolo 746 c.c.), concorre - siccome anticipato - senz'altro, in dipendenza dell'insorgenza automatica dell'obbligo ex articolo 737 e segg. c.c. all'atto dell'apertura della successione, alla formazione della massa ereditaria e quindi ineccepibilmente e' stato reputato ed a pieno titolo e' da reputare oggetto del patto successorio siglato con gli accordi datati (OMISSIS).

Del tutto ingiustificato e' percio' l'assunto del ricorrente principale secondo cui con riferimento al cespite de quo "non e' configurabile un patto successorio" (cosi' ricorso principale, pag. 22).

D'altro canto la nullita' ex articolo 458 c.c. degli accordi datati (OMISSIS) non puo' che riflettersi, cagionandone simultaneamente la nullita', sul rogito del (OMISSIS), con il quale (OMISSIS) ebbe a cedere la quota di 1/2 di sua spettanza dell'appartamento in (OMISSIS) al fratello (OMISSIS). Del resto lo stesso (OMISSIS) riferisce che "la cessione della meta' dell'immobile di (OMISSIS) va inquadrata (...) nell'ambito di una complessiva sistemazione del patrimonio della signora (OMISSIS)" (cosi' ricorso principale, pag. 22).

Con il terzo motivo il ricorrente principale, (OMISSIS), denuncia ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3 la violazione e falsa applicazione dell'articolo 634 c.c.; ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4, il vizio di motivazione.

Deduce che la corretta interpretazione della volonta' della testatrice induce ad escludere che (egli ricorrente) se ne sia discostato; che di conseguenza hanno errato i giudici di merito ad opinare per l'operativita' della clausola testamentaria sanzionatoria.

Deduce in particolare che nessuna delle parti ha assunto che il trasferimento dell'appartamento di (OMISSIS), e' da correlare alla scheda testamentaria.

Il terzo motivo del ricorso principale parimenti va respinto.

Evidentemente, in ordine al vizio motivazionale veicolato - ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4 in guisa dunque irrituale - dal mezzo in disamina, non possono che reiterarsi i rilievi svolti in sede di vaglio del secondo motivo del ricorso principale e similmente atti a norma dell'articolo 348 ter c.p.c., comma 5 a palesare, in parte qua, l'inammissibilita' del terzo mezzo (cfr. in tal senso controricorso di (OMISSIS), pag. 14).

Difatti pur in parte qua agitur il secondo dictum ha integralmente confermato il primo dictum.

Il motivo in esame comunque prospetta una quaestio ermeneutica ("non e' (...) vero che (...) si sia discostato dalla volonta' testamentaria se correttamente inquadrata": cosi' ricorso principale, pagg. 23 - 24; la "volonta' dispositiva testamentaria della de cuius (...) non puo' che essere riferita che agli immobili di (OMISSIS) (...)": cosi' ricorso principale, pag. 25).

Talche' questa Corte non puo' che ribadire i suoi insegnamenti.

Ovvero l'insegnamento secondo cui l'interpretazione del contratto e degli atti di autonomia privata costituisce un'attivita' riservata al giudice di merito ed e' censurabile in sede di legittimita' soltanto per violazione dei criteri legali di ermeneutica contrattuale o per vizi di motivazione, qualora la stessa risulti contraria a logica o incongrua, cioe' tale da non consentire il controllo del procedimento logico seguito per giungere alla decisione (cfr. Cass. 22.2.2007, n. 4178; cfr. Cass. 2.5.2006, n. 10131. Si veda anche Cass. 24.8.1990, secondo cui l'interpretazione del testamento, cui in linea di principio sono applicabili le regole di ermeneutica dettate dal codice in tema di contratti, con la sola eccezione di quelle incompatibili con la natura di atto unilaterale non recettizio del negozio mortis causa, e' caratterizzata rispetto a quella contrattuale da una piu' penetrante ricerca, al di la' della dichiarazione, della volonta' del testatore, la quale, alla stregua dell'articolo 1362 c.c., va individuata con riferimento ad elementi intrinseci alla scheda testamentaria, sulla base dell'esame globale della scheda stessa e non di ciascuna singola disposizione, e, solo in via sussidiaria, ove cioe' dal testo dell'atto non emerga con certezza l'effettiva intenzione del de cuius e la portata della disposizione, con il ricorso ad elementi estrinseci al testamento, ma pur sempre riferibili al testatore, quali ad esempio la personalita' dello stesso, la sua mentalita', cultura, condizione sociale, ambiente di vita etc.. Si veda inoltre Cass. 26.5.1989, n. 2556, secondo cui l'attivita' di interpretazione del testamento si risolve in un accertamento di fatto ed e' sindacabile in sede di legittimita' soltanto per violazione dei canoni di ermeneutica applicabili e per vizi di motivazione).

Ovvero l'insegnamento secondo cui ne' la censura ex n. 3 ne' la censura articolo 360 c.p.c., comma 1, ex n. 5 possono risolversi in una critica del risultato interpretativo raggiunto dal giudice, che si sostanzi nella mera contrapposizione di una differente interpretazione; d'altronde, per sottrarsi al sindacato di legittimita', sotto entrambi i cennati profili, quella data dal giudice al contratto non deve essere l'unica interpretazione possibile, o la migliore in astratto, ma una delle possibili, e plausibili, interpretazioni; sicche', quando di una clausola contrattuale sono possibili due o piu' interpretazioni (plausibili), non e' consentito - alla parte che aveva proposto l'interpretazione poi disattesa dal giudice di merito - dolersi in sede di legittimita' del fatto che sia stata privilegiata l'altra (cfr. Cass. 22.2.2007, n. 4178; cfr. Cass. 2.5.2006, n. 10131).

In questi termini l'interpretazione patrocinata dalla corte distrettuale ("la de cuius (...) disponeva che al momento del suo decesso "la valutazione di detti appartamenti venga fatta come se tutti e tre fossero allora ricevuti in eredita'" (...) e che ciascuno dei figli avrebbe dovuto "considerare come dovutogli un terzo di tale valore"": cosi' sentenza d'appello, pag. 11) e' in toto ineccepibile sul piano della correttezza giuridica, ossia non diverge da alcun criterio legale di ermeneutica contrattuale.

In ogni caso si e' gia' puntualizzato che l'appartamento di Padova, oggetto ex se di collazione (articolo 746 c.c.), concorre certamente, sin dal di dell'apertura della successione di (OMISSIS), alla formazione della massa ereditaria.

Cosicche' non si giustifica la prospettazione del principale ricorrente secondo cui in relazione a tale cespite, estraneo al patrimonio della de cuius, la scheda testamentaria esplica efficacia ai fini della sola collazione e non dell'assegnazione (cfr. ricorso principale, pag. 24).

Cosicche' non si giustifica l'ulteriore prospettazione di (OMISSIS) secondo cui "non ha in alcun modo contrastato la volonta' testamentaria" (cosi' memoria ex articolo 378 c.p.c. di (OMISSIS), pag. 4).

Con il quarto motivo il ricorrente principale, (OMISSIS), denuncia ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione dell'articolo 183 cod. proc. civ.; ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., comma, n. 4, il vizio di motivazione.

Deduce che, contrariamente all'assunto della corte territoriale, la domanda con cui (OMISSIS) ha invocato l'operativita' della clausola testamentaria "sanzionatoria - sostitutiva", era tardiva e quindi inammissibile, siccome formulata non gia' nell'atto di citazione ma nella prima memoria.

Deduce segnatamente che non era necessario che gli iniziali convenuti palesassero in comparsa di risposta la loro reciproca posizione rispetto alla scheda testamentaria; che in parte qua la corte di seconde cure non ha congruamente motivato.

Il quarto motivo del ricorso principale va rigettato.

La prefigurazione, a tal proposito, di un presunto vizio motivazionale non ha ragion d'essere.

Questa Corte esplicita infatti che, quando, con il ricorso per cassazione, venga dedotto un error in procedendo - e' il caso di specie - il sindacato del Giudice di legittimita' investe direttamente l'invalidita' denunciata, mediante l'accesso diretto agli atti sui quali il ricorso e' fondato, indipendentemente dalla sufficienza e logicita' della eventuale motivazione esibita al riguardo, posto che, in tali casi, la Corte di cassazione e' giudice anche del fatto (cfr. Cass. sez. lav. 21.4.2016, n. 8069).

Si puntualizza, per altro verso, che, ai sensi dell'articolo 183 c.p.c., comma 5, all'udienza di prima comparizione e trattazione "l'attore puo' proporre le domande e le eccezioni che sono conseguenza della domanda riconvenzionale o delle eccezioni proposte dal convenuto".

(OMISSIS) dunque, imprescindibilmente, in ossequio al canone di cosiddetta "autosufficienza" del ricorso per cassazione, quale positivamente sancito all'articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6, avrebbe dovuto, onde consentire a questa Corte il compiuto riscontro dei suoi assunti, riprodurre piu' o meno integralmente nel corpo del ricorso il testo del verbale di prima udienza (cfr. Cass. 20.7.2012, n. 12664; Cass. (ord.) 29.9.2017, n. 22880).

Cio' viepiu' che il ricorrente incidentale, (OMISSIS), ha addotto di aver sollecitato l'applicazione nei confronti dei germani della clausola testamentaria "sanzionatoria - sostitutiva", in primo grado, alla prima udienza (cfr. controricorso di (OMISSIS), pag. 15, ove e' richiamata la pag. 3 del verbale di prima udienza).

In ogni caso per nulla si configura la violazione dell'articolo 183 c.p.c..

Invero e' in toto ineccepibile l'assunto della corte di Venezia, a tenor del quale - con riferimento ai motivi dei gravami principali con cui (OMISSIS) e (OMISSIS) avevano censurato il primo dictum nella parte in cui il primo giudice aveva reputato ammissibile, quantunque (asseritamente) tardiva, la domanda con cui (OMISSIS) aveva invocato l'operativita' della clausola testamentaria "sanzionatoria/sostitutiva" - unicamente allorche' si erano costituiti in giudizio, i coeredi (OMISSIS) e (OMISSIS) avevano "manifestato in modo univoco e incontrovertibile" la loro posizione rispetto alla volonta' testamentaria della madre; cosicche' la domanda dell'attore, nel primo termine utile, recte alla prima udienza, doveva reputarsi senza dubbio tempestiva (cfr. sentenza d'appello, pag. 13).

Del resto questa Corte spiega che l'articolo 183 c.p.c. (sia nel testo anteriore alla riforma di cui al Decreto Legislativo 2 febbraio 2006, n. 40, sia nel testo successivo) consente all'attore di proporre le domande consequenziali (e' il caso di specie) alle eccezioni, alle domande ed alle mere difese "in iure" o "in facto" del convenuto soltanto nell'udienza di cui all'articolo 183 c.p.c. e non anche, a pena di inammissibilita' rilevabile anche d'ufficio, con le memorie previste dalla medesima norma (cfr. Cass. 19.7.2013, n. 17708).

Con il quinto motivo il ricorrente principale, (OMISSIS), denuncia ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5 l'omesso esame circa fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti.

Deduce che la corte d'appello ha omesso, in primo luogo, l'esame del fatto decisivo per cui l'immobile di (OMISSIS) era estraneo al patrimonio della de cuius; in secondo luogo, l'esame del fatto decisivo per cui l'immobile di (OMISSIS) era estraneo ai patti successori siglati con l'accordo del (OMISSIS); in terzo luogo, l'esame del fatto decisivo per cui, attesa l'estraneita' dell'immobile di (OMISSIS) ai patti successori siglati con l'accordo del (OMISSIS), il rogito del (OMISSIS) non era nullo; in quarto luogo, l'esame del fatto decisivo per cui la clausola "sanzionatoria - sostitutiva" non era applicabile.

Il quinto motivo del ricorso principale del pari va rigettato.

I rilievi in precedenza - in sede di vaglio del secondo e del terzo motivo del ricorso principale - svolti ed atti a norma dell'articolo 348 ter c.p.c., comma 5, a palesare l'inammissibilita' degli anzidetti mezzi di impugnazione, esplicano valenza anche ai fini del riscontro dell'inammissibilita' del quinto motivo dell'impugnazione principale (cfr. in tal senso controricorso di (OMISSIS), pag. 17), motivo, per giunta, espressamente qualificato alla stregua della previsione dell'articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Difatti, pur in relazione alle quaestiones che il quinto mezzo del ricorso principale involge, il secondo dictum ha appieno confermato il primo dictum.

Comunque non puo' che evidenziarsi quanto segue.

Da un canto, e' da escludere che taluna delle figure di "anomalia motivazionale" destinate ad acquisire significato alla luce della pronuncia n. 8053 del 7.4.2014 delle sezioni unite di questa Corte, possa scorgersi in relazione alle motivazioni - dapprima ("nei fatti di causa") esposte - cui la corte di merito ha, in partis quibus, ancorato il suo dictum.

D'altro canto, e' da ritenere, al cospetto delle stesse motivazioni, che la corte di merito per nulla abbia omesso la disamina dei fatti decisivi cui e' correlata la denuncia veicolata dal mezzo in esame.

Con il sesto motivo il ricorrente principale, (OMISSIS), denuncia ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione dell'articolo 751 c.c., dell'articolo 356 c.p.c., delle regole del "giusto processo" e del doppio grado di giurisdizione; ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, l'omessa o insufficiente motivazione.

Deduce che la corte distrettuale, allorche' ha dichiarato (OMISSIS) tenuta a conferire la somma di lire 25.000.000, ha provveduto alla quantificazione dell'ammontare oggetto di collazione in luogo del giudice di primo grado, che viceversa avrebbe dovuto attendervi nel contesto delle operazioni divisionali.

Il sesto motivo del ricorso principale parimenti va rigettato.

E' fuor di dubbio che la collazione e' disciplinata dalla legge come una fase della divisione ereditaria, sicche' non puo' formare oggetto di un'azione giudiziale autonoma dalla divisione stessa, neppure a fini di mero accertamento (cfr. Cass. 21.5.2015, n. 10478; Cass. 8.9.2004, n. 18054, secondo cui e' impossibile scindere logicamente il momento della collazione ed il momento della formazione delle quote ereditarie spettanti a ciascun coerede, donde la necessita' che la collazione si compia all'interno dell'operazione di divisione dell'asse ereditario).

E tuttavia in maniera inappuntabile la corte territoriale ha provveduto, ai fini della collazione ex articolo 751 c.c. della somma (Lire 25.000.000) di denaro ricevuta in donazione da (OMISSIS) a seguito della vendita del cespite in (OMISSIS), alla relativa quantificazione.

Al di la' del rilievo per cui la quantificazione della somma di denaro da conferire in collazione si innesta, comunque, nel giudizio di divisione dell'eredita' materna intrapreso da (OMISSIS) nei confronti dei germani (OMISSIS) e (OMISSIS), la corte di Venezia non avrebbe potuto che attendere alla quantificazione.

Invero, siccome la controricorrente (OMISSIS) ha condivisibilmente, in parte qua agitur, puntualizzato, "il problema sottoposto all'esame della corte verteva principalmente sull'accertamento dell'oggetto dell'obbligo di collazione a carico della coerede (...) (OMISSIS)" (cosi' controricorso di (OMISSIS), pag. 11). Cosicche', viepiu' a motivo - cosi' come si dira' - dell'operativita' del principio "nominalistico", la quantificazione dell'importo da conferire a titolo di collazione non poteva che seguire naturaliter, de plano.

Del tutto ingiustificato e' quindi l'assunto del ricorrente principale secondo cui "il Giudice di secondo grado ha sottratto alle parti il doppio grado di giurisdizione di merito" (cosi' ricorso principale, pag. 30).

Col mezzo in disamina il ricorrente principale deduce altresi' che "va considerata la somma (di lire 25.000.000) opportunamente rivalutata al momento dell'apertura della successione" (cosi' ricorso principale, pag. 30).

Al riguardo nulla e' stato disposto dalla corte veneziana con l'impugnata statuizione (cfr. sentenza d'appello segnatamente pagg. 20 e 26).

Sicche', per un verso, (OMISSIS) avrebbe dovuto, a rigore, specificamente ed in forma "autosufficiente" addurre di aver prospettato la quaestio de qua nei pregressi gradi di merito; allo stato, dunque, la quaestio anzidetta risulta "nuova", viepiu' alla luce delle conclusioni rassegnate in grado d'appello dal ricorrente principale e quali riprodotte alle pagine 4 - 7 dell'impugnata sentenza (cfr. Cass. 25.10.2017, n. 25319, secondo cui nel giudizio di cassazione non si possono prospettare nuove questioni di diritto ovvero nuovi temi di contestazione che implichino indagini ed accertamenti di fatto non effettuati dal giudice di merito, nemmeno se si tratti di questioni rilevabili d'ufficio).

Sicche', per altro verso, (OMISSIS) avrebbe dovuto, a rigore, denunciare non gia' il vizio di omessa o insufficiente motivazione (insufficienza motivazionale, per giunta, non piu' denunciabile nel segno dell'articolo 360 c.p.c., comma 1, novello n. 5), sibbene il vizio di omissione di pronuncia (cfr. Cass. 16.5.2012, n. 7653, secondo cui il vizio di omessa pronuncia su una domanda o eccezione di merito - che integra una violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato ex articolo 112 c.p.c. - ricorre quando vi sia omissione di qualsiasi decisione su di un capo di domanda, intendendosi per capo di domanda ogni richiesta delle parti diretta ad ottenere l'attuazione in concreto di una volonta' di legge che garantisca un bene all'attore o al convenuto e, in genere, ogni istanza che abbia un contenuto concreto formulato in conclusione specifica, sulla quale deve essere emessa pronuncia di accoglimento o di rigetto).

In ogni caso la collazione del danaro ricevuto in donazione dal de cuius soggiace al principio "nominalistico", con esclusione di qualsiasi rivalutazione, senza che possa tenersi conto del mutato potere d'acquisto della moneta (cfr. Cass. 11.5.1973, n. 1255; Cass. 28.9.1969, n. 2342; Cass. 20.4.1964, n. 929, secondo cui il principio nominalistico opera anche nel campo delle successioni, come nel caso di conferimento di una remota donazione in danaro).

Con il settimo motivo il ricorrente principale, (OMISSIS), denuncia la violazione dell'articolo 1159 c.c.; ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4, il vizio di motivazione.

Deduce che ha errato la corte veneta a disconoscere l'usucapione ex articolo 1159 c.c. dell'appartamento di (OMISSIS), quale correlata alla compravendita intercorsa con (OMISSIS) merce' il rogito del (OMISSIS).

Il settimo motivo del ricorso principale non merita seguito.

Evidentemente, in ordine al vizio motivazionale veicolato - irritualmente, ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4 - dal mezzo in disamina, vanno ribaditi i rilievi precedentemente - in sede di vaglio del secondo e del terzo motivo del ricorso principale - svolti e similmente idonei a norma dell'articolo 348 ter c.p.c., comma 5 a palesare, in parte qua, l'inammissibilita' del settimo mezzo.

Difatti pur in parte qua agitur la statuizione di seconde cure ha integralmente confermato la statuizione di prime cure.

In pari tempo il motivo in esame si risolve, merce' la mera reiterazione della pretesa insussistenza - gia' disattesa in sede di disamina del secondo motivo del ricorso principale - della ragione di nullita' ex articolo 458 c.c. del rogito in data (OMISSIS) in dipendenza della supposta estraneita' del cespite di Padova al patrimonio della de cuius, nella censura del tutto generica delle ineccepibili e congrue argomentazioni svolte dalla corte lagunare in ordine alla domanda di usucapione ex articolo 1159 c.c. esperita da (OMISSIS) (la corte ha in maniera inappuntabile specificato - cfr. pagg. 22/24 - che correttamente il tribunale aveva respinto la domanda di usucapione, correlata alla compravendita intercorsa tra (OMISSIS) e (OMISSIS) con il rogito del (OMISSIS), dell'appartamento di (OMISSIS); che invero non si configurava il presupposto dell'acquisto a non domino, giacche' (OMISSIS) era proprietario pro quota del cespite alienato; che al contempo il rogito del (OMISSIS), siccome nullo in dipendenza della nullita' del patto successorio siglato dai coeredi in data (OMISSIS), non integrava gli estremi del titolo astrattamente idoneo a trasferire la proprieta').

Con l'unico motivo la ricorrente incidentale, (OMISSIS), denuncia la violazione delle norme in tema di interpretazione, in particolare degli articoli 1363 e 1366 c.c.; l'illogicita' della motivazione.

Deduce che si e' uniformata alla volonta' testamentaria e quindi non vi e' margine perche' operi nei suoi confronti la clausola "sanzionatoria - sostitutiva".

Deduce che del resto la stessa corte d'appello non ha inteso attribuir valenza alla letterale dizione della disposizione testamentaria, "che, di fatto, (le) imponeva la collazione del bene immobile in quanto questo non era mai stato donato" (cosi' ricorso incidentale di (OMISSIS), pag. 14).

L'unico motivo del ricorso incidentale di (OMISSIS) non merita seguito.

Col mezzo di impugnazione in esame (OMISSIS) censura, da un canto, l'interpretazione della volonta' testamentaria cui la corte di merito ha atteso ("appare del tutto illogico il passaggio successivo in cui si e' affermato, invece, che la testatrice "voleva che le proprie sostanze (...)"": cosi' ricorso incidentale di (OMISSIS), pagg. 14 - 15); censura, dall'altro, il giudizio "di fatto" sulla cui scorta la corte distrettuale l'ha considerata inottemperante alla voluntas mortis causa della madre.

In questi termini, nel quadro altresi' degli insegnamenti in tema di interpretazione degli atti di autonomia privata citati in sede di vaglio del terzo motivo del ricorso principale (il riferimento e' a Cass. 22.2.2007, n. 4178, ed a Cass. 2.5.2006, n. 10131), l'iter motivazionale che sorregge, in parte qua, l'impugnato dictum - e di cui nei "fatti di causa" si e' data analitica contezza - analogamente risulta in toto ineccepibile sul piano della correttezza giuridica ed assolutamente congruo e esaustivo sul piano logico - formale (la corte di seconde cure ha chiarito che la testatrice "voleva che la figlia concorresse con i fratelli alla divisione della disponibile solo se "riconosceva" di avere gia' ricevuto il valore della casa (a prescindere da qualsivoglia attribuzione formale, mai posta in essere); in caso contrario, le sarebbe stata attribuita la sola legittima": cosi' sentenza d'appello, pag. 18; ed ha soggiunto che "alla luce di tali considerazioni, va riconosciuto che (OMISSIS), contestando di avere ricevuto l'immobile di (OMISSIS), ha frapposto ostacoli alla esecuzione del testamento materno": cosi' sentenza d'appello, pag. 18).

Con riferimento al profilo della correttezza giuridica per nulla si configurano i pretesi errores in iudicando, le asserite violazioni delle regole ermeneutiche di cui agli articoli 1363 e 1366 c.c..

Con riferimento al profilo della congruenza logico - formale della motivazione, da un lato, e' da escludere che "anomalie motivazionali" rilevanti alla luce della - gia' menzionata - pronuncia n. 8053 del 7.4.2014 delle sezioni unite di questa Corte siano rinvenibili nei passaggi motivazionali cui la corte territoriale ha correlato il suo dictum; dall'altro, e' da riconoscere che la corte territoriale ha sicuramente disaminato i fatti decisivi caratterizzanti, in parte qua, la res litigiosa e dalle parti discussi.

Ovviamente non sussiste alcuna illogicita' motivazionale.

In ogni caso, nel vigore del nuovo testo dell'articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5 non e' piu' configurabile il vizio di contraddittoria motivazione della sentenza, atteso che la norma suddetta attribuisce rilievo solo all'omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che sia stato oggetto di discussione tra le parti, non potendo neppure ritenersi che il vizio di contraddittoria motivazione sopravviva come ipotesi di nullita' della sentenza ai sensi del medesimo articolo 360 c.p.c., n. 4 (cfr. Cass. (ord.) 6.7.2015, n. 13928)

Con il primo motivo il ricorrente incidentale, (OMISSIS), denuncia ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 5, l'omessa e contraddittoria motivazione; la violazione e falsa applicazione degli articoli 1362, 1363, 1369 e 2729 c.c..

Deduce che la corte di Venezia con motivazione contraddittoria ed apparente ha reputato non provata la donazione verbale a (OMISSIS) dell'appartamento di (OMISSIS).

Deduce che della donazione verbale del medesimo cespite si ha riscontro alla stregua della corretta interpretazione di talune espressioni rinvenibili nella scheda testamentaria, alla stregua della percezione da parte della sorella dei canoni di locazione dell'immobile nel periodo compreso tra il 1966 ed il (OMISSIS), anno, quest'ultimo, della vendita del cespite, ed alla stregua del contenuto dell'accordo dai coeredi siglato in data (OMISSIS).

Deduce che le surriferite circostanze, gravi, precise e concordanti, danno ragione in chiave presuntiva della donazione verbale dell'appartamento di via (OMISSIS), a (OMISSIS).

Con il secondo motivo il ricorrente incidentale, (OMISSIS), denuncia ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 5, la violazione e falsa applicazione dell'articolo 737 c.c.; l'omessa motivazione.

Deduce che ha errato la corte veneziana allorche' ha assunto che, in dipendenza della operativita' della clausola "sanzionatoria - sostitutiva", (OMISSIS) ha diritto di concorrere per la quota indisponibile senza essere obbligata a conferire, a titolo di collazione, il valore come occupato dell'appartamento di (OMISSIS), al tempo dell'apertura della successione.

Deduce che l'immotivato assunto della corte veneta viola il principio per cui, ai sensi dell'articolo 737 c.c., il testatore puo' imporre la collazione anche al di fuori dei casi previsti dalla legge e disattende la volonta' della testatrice, giacche' regolamenta la successione alla stregua della volonta' dell'erede anziche' della de cuius.

Con il terzo motivo il ricorrente incidentale, (OMISSIS), denuncia ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 4 e 5, l'omesso esame di fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti.

Deduce che si ha riscontro del concorso di (OMISSIS) sulla quota indisponibile con obbligo di conferire a titolo di collazione il valore come occupato dell'appartamento di (OMISSIS), alla stregua della circostanza per cui "tutti e tre i condividenti hanno accettato espressamente le disposizioni testamentarie e dichiarato di voler dare ad esse piena esecuzione, dando vita ad un perfetto accordo che (...) in particolare obbliga (OMISSIS) a collazionare comunque per imputazione l'appartamento int. (OMISSIS)" (cosi' ricorso incidentale di (OMISSIS), pag. 26).

Deduce che di tali accettazioni si ha riscontro alla luce della missiva datata 21.2.2005 inoltrata da (OMISSIS) ai fratelli (OMISSIS) e (OMISSIS), della missiva datata 28.2.2005 di (OMISSIS) in risposta ai fratelli (OMISSIS) e (OMISSIS) e della dichiarazione da egli (ricorrente incidentale) resa a pagina 12 dell'iniziale atto di citazione sottoscritto personalmente.

Il primo, il secondo ed il terzo motivo del ricorso incidentale di (OMISSIS) sono strettamente connessi; il che ne suggerisce la disamina contestuale; gli anzidetti motivi vanno in ogni caso respinti.

Coi mezzi de quibus (OMISSIS) censura, innanzitutto, l'interpretazione della volonta' testamentaria cui la corte d'appello ha atteso ("secondo la Corte d'Appello il testamento non proverebbe la donazione (...): in sostanza la Corte sostiene che la parola "dato" non significa "donato", ma soltanto "consegnato, messo materialmente a disposizione"": cosi' ricorso incidentale di (OMISSIS), pag. 20; "la volonta' della testatrice e' nel senso che, anche se opera la disposizione testamentaria sostitutiva, resta fermo l'obbligo per (OMISSIS) di collazionare per imputazione l'appartamento int. 8": cosi' ricorso incidentale di (OMISSIS), pag. 25).

Coi mezzi de quibus (OMISSIS) censura, poi, la valutazione, analogamente ancorata all'interpretazione della volonta' testamentaria ("tale imputazione (...) era prevista per l'ipotesi in cui (OMISSIS) intendesse concorrere con i fratelli anche alla divisione della disponibile, e non era prevista dalla testatrice per il caso in cui (OMISSIS) (non accettando la volonta' materna), si accontentasse della legittima": cosi' sentenza d'appello, pag. 19), sulla cui scorta la corte di merito ha ritenuto, ai fini dell'imputazione da operarsi, a titolo di collazione, da(lla inottemperante) (OMISSIS) alla sua quota di legittima, "che non e' mai intervenuta alcuna donazione (neppure nulla o viziata) dell'immobile di (OMISSIS) a favore di (OMISSIS), alla quale e' stato dato, invece, del denaro proveniente dalla vendita dell'immobile stesso" (cosi' sentenza d'appello, pagg. 19 - 20).

Nel solco degli insegnamenti gia' citati in tema di interpretazione degli atti di autonomia privata e segnatamente del testamento, e' da ribadire che l'iter motivazionale che sorregge, in parte qua, l'impugnato dictum e' del tutto ineccepibile ed assolutamente congruo e esaustivo.

In primo luogo non si configurano i pretesi errores in iudicando, in particolare le asserite violazioni delle regole ermeneutiche di cui agli articoli 1363, 1366 e 1369 c.c..

In particolare si rappresenta quanto segue.

Da un lato, nell'interpretazione di una clausola testamentaria, nessun utile elemento di giudizio, ai fini della ricostruzione della volonta' del testatore, puo' essere tratto dall'indagine sul comportamento degli eredi o dei legatari e sull'interpretazione da questi stessi data al testamento (cfr. Cass. 22.10.1976, n. 3751; Cass. 10.7.1975, n. 2736; Cass. 16.11.1985, n. 5625).

Non merita seguito alcuno percio' la prospettazione del ricorrente incidentale, secondo cui " (OMISSIS) ha ammesso di aver ricevuto in donazione dalla madre l'appartamento int. 8 e comunque si e' obbligata a collazionarlo per imputazione al valore che esso aveva al momento dell'apertura della successione considerandolo come occupato" (cosi' ricorso incidentale di (OMISSIS), pag. 27).

E similmente non meritano seguito le prospettazioni del ricorrente incidentale secondo la corte distrettuale non ha tenuto conto che " (OMISSIS) ha incassato i canoni di locazione dell'appartamento per ben otto anni" (cosi' ricorso incidentale di (OMISSIS), pag. 22) ed ha omesso l'esame "dell'accordo stipulato dai tre fratelli il (OMISSIS)" (cosi' ricorso incidentale di (OMISSIS), pag. 22). Tanto a prescindere dalla nullita' ex articolo 458 c.c. di tal ultimo accordo.

Dall'altro, non possono soccorrere gli insegnamenti gia' citati (in sede di disamina del primo motivo del ricorso principale) n. 17064/2015 e n. 13619/2017 (nell'ipotesi di acquisto di un immobile con denaro proprio del disponente ed intestazione ad altro soggetto, che il disponente intenda in tal modo beneficiare, si configura la donazione indiretta dell'immobile e non del denaro impiegato per l'acquisto, sicche', in caso di collazione, secondo le previsioni dell'articolo 737 cod. civ., il conferimento deve avere ad oggetto l'immobile e non il denaro), giacche' (OMISSIS) ebbe, propriamente e indiscutibilmente, con l'atto del (OMISSIS), a vendere a terzi l'appartamento - ad ella intestato - di (OMISSIS).

In secondo luogo non si scorgono vizi motivazionali di sorta.

In particolare si rappresenta quanto segue.

La corte territoriale ha - cosi' come si e' in precedenza evidenziato - compiutamente ed intellegibilmente esplicitato il proprio iter argomentativo.

Non si prospetta alcuna "anomalia motivazionale" ne' segnatamente si giustifica la denuncia di motivazione "apparente" (che ricorre allorquando il giudice di merito non procede ad una approfondita disamina logico - giuridica, tale da lasciar trasparire il percorso argomentativo seguito: cfr. Cass. 21.7.2006, n. 16672).

Invero la corte di Venezia ha chiarito nitidamente, alla stregua dell'ineccepibile e coerente percorso ermeneutico all'uopo seguito, che si sarebbe dovuto tener conto della "donazione verbale" dell'appartamento di (OMISSIS), qualora, unicamente, uniformandosi alla voluntas mortis causa della madre, (OMISSIS) avesse inteso concorrere anche sulla disponibile. L'inottemperanza alla volonta' materna e quindi il concorso di (OMISSIS) esclusivamente nei limiti della indisponibile non poteva e non puo' che giustificare, ai fini dell'imputazione a titolo di collazione alla quota ad ella riservata, i postulati per cui "non e' mai intervenuta alcuna donazione (neppure nulla o viziata) dell'immobile di (OMISSIS) a favore di (OMISSIS)" e per cui l'imputazione non puo' che avere ad oggetto il denaro ricavato dalla vendita del medesimo cespite.

La corte veneziana per nulla ha omesso la disamina dei fatti decisivi caratterizzanti, in parte qua, la res litigiosa e dalle parti discussi.

Non si giustifica percio' la denuncia di "irriducibile contraddizione nella motivazione della Corte d'Appello" e di motivazione omessa o inesistente (cfr. ricorso incidentale di (OMISSIS), pagg. 20 e 22, 25 e 26).

Con il quarto motivo - formulato in via a doppio titolo condizionata - il ricorrente incidentale, (OMISSIS), denuncia ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 5, l'omessa e contraddittoria motivazione; la violazione e falsa applicazione degli articoli 746, 751 e 2697 c.c. nonche' dell'articolo 115 c.p.c..

La proposizione del surriferito motivo di ricorso risulta espressamente subordinata alla condizione - tra l'altro - per cui il ricorso incidentale (eventualmente) proposto da (OMISSIS) sia accolto ("il presente motivo e' condizionato al verificarsi delle seguenti denegate ipotesi: a) (...); b) che (OMISSIS) proponga ricorso incidentale avverso il capo della sentenza che (...) ha disposto l'applicazione nei suoi confronti della disposizione testamentaria sanzionatoria e che tale ricorso sia accolto. Se si verificassero queste ipotesi, la sentenza d'appello andrebbe riformata nella parte in cui ha rigettato l'appello incidentale condizionato di (OMISSIS)": cosi' ricorso incidentale di (OMISSIS), pag. 27; "nella denegata ipotesi in cui (OMISSIS) impugnasse in via incidentale la decisione che applica nei suoi confronti la disposizione sostitutiva sanzionatoria, e accogliendosi tale impugnazione si ritenesse che essa non solo possa collazionare il denaro, ma non incorra nemmeno nell'applicazione della disposizione sanzionatoria, il medesimo trattamento dovrebbe essere riservato a (OMISSIS) e (OMISSIS)": cosi' ricorso incidentale di (OMISSIS), pag. 28).

Il rigetto del ricorso incidentale di (OMISSIS) dunque assorbe e rende vana la disamina del motivo di impugnazione de quo agitur.

Con il quinto motivo il ricorrente incidentale, (OMISSIS), denuncia ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 5, la violazione e falsa applicazione dell'articolo 91 c.p.c., comma 1, articolo 92 c.p.c., comma 2 e articolo 97 cod. proc. civ.; l'omessa e contraddittoria motivazione.

Deduce che (OMISSIS) e' risultato integralmente soccombente in grado d'appello e nondimeno del tutto ingiustificatamente la corte lagunare non lo ha condannato alle spese di seconde cure.

Deduce che nel rapporto con la sorella (OMISSIS) vi e' stata soccombenza reciproca e nondimeno la corte lagunare ha compensato nella misura di 1/2 e non gia' integralmente le spese di secondo grado, condannandolo a rimborsare alla germana il residuo mezzo.

Deduce che aveva, al pari del fratello (OMISSIS), interesse al rigetto dell'appello esperito dalla sorella (OMISSIS); che quindi andava, al piu', unitamente al fratello condannato a rimborsare alla sorella la residua meta' delle spese di seconde cure.

Il quinto motivo del ricorso incidentale di (OMISSIS) va respinto.

In ordine al primo profilo di censura veicolato dal quinto mezzo si evidenzia quanto segue.

Il giudizio in prime cure ha avuto inizio con citazione notificata in data 28.9.2009 e 20.10.2009 (cfr. ricorso incidentale di (OMISSIS), pag. 8).

Il regime positivo in tema di compensazione delle spese di lite applicabile ratione temporis al caso di specie e' pertanto quello espresso dall'articolo 92 c.p.c., comma 2, nel testo ("se vi e' soccombenza reciproca o concorrono altre gravi ed eccezionali ragioni, esplicitamente indicate nella motivazione, il giudice puo' compensare, parzialmente o per intero, le spese tra le parti") susseguente alla novella di cui alla L. 18 giugno 2009, n. 69, articolo 45, comma 11, applicabile ai giudizi instaurati successivamente al 4.7.2009.

In tema di spese giudiziali, le "gravi ed eccezionali ragioni", da indicarsi esplicitamente nella motivazione, che ne legittimano la compensazione totale o parziale, devono riguardare specifiche circostanze o aspetti della controversia decisa, non potendosi ritenere sufficiente il mero riferimento a ragioni di giustizia o al diverso esito del giudizio di primo grado (cfr. Cass. (decr.) 13.7.2015, n. 14546), e non possono essere espresse con una formula generica, inidonea a consentire il necessario controllo (cfr. Cass. (ord.) 14.7.2016, n. 14411).

Ebbene l'iter motivazionale che sorregge in parte qua agitur il dictum d'appello, risulta ineccepibile, congruo ed esaustivo.

La corte di merito, allorche' ha disposto la compensazione delle spese di seconde cure limitatamente al rapporto tra (OMISSIS) e (OMISSIS), ha sicuramente vagliato, esplicitandole con formulazione per nulla generica, specifiche circostanze o aspetti della controversia ("la complessa situazione successoria in cui versano i fratelli (OMISSIS) (cosi' come descritta da (OMISSIS) nel suo appello) trova anche causa nella condotta dagli stessi tenuta, che hanno posto in essere accordi successori prima dell'apertura della successione della madre": cosi' sentenza d'appello, pag. 25).

E cosi' ha dato conto delle "gravi ed eccezionali ragioni" postulate dal dettato codicistico.

In ordine al secondo profilo di censura veicolato dal quinto mezzo si evidenzia quanto segue.

Per un verso la valutazione delle proporzioni della soccombenza reciproca e la determinazione delle quote in cui le spese processuali debbono ripartirsi o compensarsi tra le parti, ai sensi dell'articolo 92 c.p.c., comma 2, rientrano nel potere discrezionale del giudice di merito, che resta sottratto al sindacato di legittimita', non essendo egli tenuto a rispettare un'esatta proporzionalita' fra la domanda accolta e la misura delle spese poste a carico del soccombente (cfr. Cass. 31.1.2014, n. 2149).

Per altro verso, in tema di liquidazione delle spese giudiziali, nessuna norma prevede, per il caso di soccombenza reciproca delle parti, un criterio di valutazione della prevalenza della soccombenza dell'una o dell'altra basato sul numero delle domande accolte o respinte per ciascuna di esse, dovendo essere valutato l'oggetto della lite nel suo complesso (cfr. Cass. 24.1.2013, n. 1703).

In ordine al terzo profilo di censura veicolato dal quinto mezzo si evidenzia quanto segue.

In materia di spese processuali l'identificazione della parte soccombente e' rimessa al potere decisionale del giudice del merito, insindacabile in sede di legittimita', con l'unico limite di violazione del principio per cui le spese non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa (cfr. Cass. 16.6.2011, n. 13229).

Cosicche' (OMISSIS) non ha ragione di dolersi per la mancata condanna pur del fratello al rimborso della meta' delle spese sostenute dalla sorella.

Tanto a prescindere dal rilievo per cui, limitatamente al rapporto processuale tra (OMISSIS) e (OMISSIS), la corte di seconde cure ha attribuito valenza anche al rigetto dell'appello incidentale esperito da (OMISSIS) "per il caso di accoglimento dell'appello di (OMISSIS) sulla collazione" (cosi' sentenza d'appello, pag. 20); e dal rilievo per cui, limitatamente al rapporto processuale tra (OMISSIS) e (OMISSIS), esplicano valenza, comunque, le "gravi ed eccezionali ragioni" di cui la corte di seconde cure ha dato conto.

Il rigetto del ricorso principale e dei ricorsi incidentali giustifica l'integrale compensazione delle spese di lite tra le parti tutte.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, si da' atto inoltre della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente principale e da parte di ciascuno dei ricorrenti incidentali dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione ai sensi dell'articolo 13, comma 1 bis, Decreto del Presidente della Repubblica cit..

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso principale proposto da (OMISSIS), rigetta il ricorso incidentale proposto da (OMISSIS), rigetta il ricorso incidentale proposto da (OMISSIS); compensa integralmente tra le parti tutte le spese del presente giudizio di legittimita'; ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da' atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente principale e da parte di ciascuno dei ricorrenti incidentali dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione ai sensi dell'articolo 13, comma 1 bis, Decreto del Presidente della Repubblica cit..
Avv. Antonino Sugamele

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