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Sentenza

La sentenza che dispone lo scioglimento della comunione viene impugnata? L'appel...
La sentenza che dispone lo scioglimento della comunione viene impugnata? L'appello non sospende il giudizio di divisione che ai sensi del 295 cpc può essere disposta solo ove sussista un rapporto di pregiudizialità non meramente logica ma tecnico giuridica.
Corte di Cassazione, sez. VI Civile - 1, ordinanza 9 luglio - 24 ottobre 2013, n. 24071
Presidente Di Palma – Relatore Scaldaferri

In fatto e in diritto

Rilevato che, con sentenza resa pubblica il 20 giugno 2011, il Tribunale di Milano "definitivamente pronunciando sulle domande agli atti” dichiarava che l'appartamento in (omissis) , con annessa cantina e autorimessa, acquistato nel novembre 1992, appartiene alla comunione legale tra i signori S.M. e S..P. (uniti in matrimonio nell'(omissis) e giudizialmente separati con sentenza del (omissis) ), dichiarava lo scioglimento della comunione sul bene e rimetteva la causa sul ruolo per procedere alle operazioni di vendita, non ritenendo l'immobile divisibile in natura; che con successiva ordinanza in data 23/25 agosto 2012, il giudice istruttore disponeva la sospensione del procedimento ai sensi dell'art. 295 c.p.c., in quanto, avendo il S. proposto appello avverso la sentenza, doveva ritenersi impossibile procedere alla vendita a terzi del bene quando l'accertamento della comunione era ancora sub iudice;
che avverso questo provvedimento S..P. ha proposto istanza per regolamento necessario di competenza a norma dell'art. 42 c.p.c., deducendo la violazione o falsa applicazione dell'art. 295 c.p.c. in relazione all'art.788 c.p.c.;
che M..S. resiste con controricorso; che il Procuratore Generale, nelle sue conclusioni scritte, ha chiesto il rigetto del ricorso;
che, nel termine previsto dall'art. 380 bis c.p.c., entrambe le parti hanno depositato memorie;
ritenuto, all'esito della adunanza odierna in camera di consiglio, che il ricorso meriti accoglimento; che la sospensione necessaria del processo, a norma dell'art. 295 cod.proc.civ., va disposta solo ove sussista, tra il processo stesso ed altro pendente tra le stesse parti, un rapporto di pregiudizialità non meramente logica ma tecnico-giuridica, nel senso che la fattispecie costitutiva del giudizio pregiudicato presenti fra i suoi elementi un fatto-diritto riguardo al quale, fra le stesse parti, penda altro giudizio che abbia direttamente ad oggetto il medesimo fatto-diritto, imponendosi un identico accertamento al fine di evitare contrasto di giudicati (cfr. fra molte: Cass. n. 16188/12; n. 27932/11; n. 17212/11); che nella specie la prospettabilità di un rapporto siffatto appare preclusa dalla mancanza del suo necessario presupposto, costituito dalla pendenza attuale di due processi: la sentenza di accertamento della comunione sul bene in questione e l'ordinanza di sospensione sono state emesse all'interno del medesimo processo di scioglimento della comunione pendente tra le parti; che la natura di sentenza definitiva espressamente attribuita dal Tribunale alla suddetta sentenza non contrasta con l'unitarietà del processo divisionale, come più volte questa Corte ha avuto modo di affermare (cfr. Sez. 2 n. 3788/1994; n. 12818/04, entrambe peraltro con riferimento alla distinta questione di diritto relativa alla ammissibilità della riserva di appello ex art. 340 c.p.c.); che invero, nella peculiare struttura attribuita dalla legge al processo divisionale, la idoneità della sentenza ad esaurire la materia del contendere tra le parti non toglie che essa debba, onde realizzare la richiesta attribuzione concreta dei beni ai singoli condividenti, essere seguita da ulteriori operazioni di natura meramente attuativa - nella specie la vendita a terzi del bene indivisibile, con la successiva divisione del ricavato -, operazioni che non costituiscono un distinto ed autonomo processo pendente tra le stesse parti; che, pertanto, la sospensione di tali operazioni, disposta dall'ordinanza in esame, fa erroneo riferimento alla norma dell'art. 295 cod.proc.civ. giacché omette di considerare l'unitarietà del processo divisionale e la conseguente improspettabilità nella specie di un rapporto di pregiudizialità in senso tecnico-giuridico; ritenuto quindi che la cassazione dell'ordinanza impugnata si impone, con la conseguente rimessione delle parti dinanzi al Tribunale di Milano, cui viene rimessa anche la liquidazione delle spese di questo procedimento.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa il provvedimento impugnato e rimette le parti dinanzi al Tribunale di Milano, anche per le spese di questo procedimento.
Avv. Antonino Sugamele

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