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Sentenza

L'esperimento dell'azione di riduzione, implicando accettazione ereditaria tacit...
L'esperimento dell'azione di riduzione, implicando accettazione ereditaria tacita, pura e semplice, preclude la successiva accettazione con il beneficio dell'inventario.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE                   
                       SEZIONE SECONDA CIVILE                        
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:                            
Dott. SCHETTINO Olindo                              -  Presidente   -
Dott. BIANCHINI Bruno                               -  Consigliere  -
Dott. CORRENTI  Vincenzo                            -  Consigliere  -
Dott. CARRATO   Aldo                                -  Consigliere  -
Dott. SCRIMA    Antonietta                     -  rel. Consigliere  -
ha pronunciato la seguente:                                          
                     sentenza                                        
sul ricorso 19687-2006 proposto da: 
            C.D. c.f. (OMISSIS), elettivamente domiciliato 
in  ROMA,  VIALE  CARSO  35, presso lo studio  dell'avvocato  VILLANI 
BRUNO,  rappresentato  e  difeso dagli avvocati  FUNDARO'  ANTONELLA, 
FUNDARO' EPIFANIO; 
                                                       - ricorrente - 
                               contro 
       P.P.  o       P. c.f. (OMISSIS),            C.A. 
     R.    c.f.    (OMISSIS),               C.I.     c.f. 
(OMISSIS), elettivamente domiciliati in  ROMA,  VIA  VAL  DI 
LANZO  79, presso lo studio dell'avvocato IACONO QUARANTINO GIUSEPPE, 
rappresentati e difesi dall'avvocato CORDONE FILIPPO; 
                                                 - controricorrenti - 
avverso  la  sentenza n. 1040/2005 della CORTE D'APPELLO di  PALERMO, 
depositata il 13/09/2005; 
udita  la  relazione  della causa svolta nella pubblica  udienza  del 
04/07/2012 dal Consigliere Dott. ANTONIETTA SCRIMA; 
udito  l'Avvocato Fundarò Antonella difensore del ricorrente che  ha 
chiesto l'accoglimento del ricorso; 
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DEL 
CORE Sergio che ha concluso per il rigetto del ricorso. 
                 


Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto notificato il 24.10.1996 C.D., premesso - tra l'altro e per quanto qui interessa - che in data 28.6.1995 era deceduta la madre, A.A., alla cui successione erano chiamati i figli I. e D., che la de cuius, con atto di compravendita del 29.1.1985, aveva venduto alla nipote C.A. R., figlia del fratello dell'attore, I., gli immobili indicati nell'atto introduttivo e che tale compravendita dissimulava una donazione, conveniva in giudizio, dinanzi al Tribunale di Palermo, il fratello I., la nipote C.A.R. e il coniuge di questa, P.P., in regime di comunione con la medesima, per sentir accertare e dichiarare la simulazione dell'atto del 29.1.1985 per notaio Maniscalco e, qualora detto atto fosse stato ritenuto valido come atto di liberalità, la lesione della quota di legittima dell'attore con l'attribuzione allo stesso delle quote di riserva a lui spettanti; in subordine, ove fosse stata ritenuta invalida la donazione, chiedeva accertarsi e dichiararsi che i beni facevano parte del patrimonio relitto e dovevano essere divisi in due quote di eguale valore; in ogni caso pronunciarsi lo scioglimento della comunione con l'attribuzione delle quote ai fratelli I. e D. e della sola disponibile a C.A.R., qualora fosse stato ritenuto valido quale atto di liberalità l'atto di donazione. In quest'ultima ipotesi chiedeva che, dichiarato il suo diritto alla legittima nella misura di un terzo del patrimonio ereditario e accertato che la vendita dissimulava una donazione, venisse disposta la riduzione dell'atto di liberalità per la parte eccedente la quota disponibile, con scioglimento della comunione ereditaria e attribuzione in natura della quota a lui spettante.

Chiedeva, inoltre, l'attore condannarsi i convenuti al pagamento, in suo favore, dei frutti civili sulla propria quota, porsi a carico della C. e del P. le spese e le imposte relative alla nullità della vendita e all'eventuale nullità e riduzione della donazione e dichiararsi la nullità dell'atto di vendita o di donazione relativo al trasferimento del box n. 2 di (OMISSIS), non avendone la A. la proprietà, trattandosi di immobile di proprietà esclusiva dei germani C..

C.I. si costituiva in giudizio e, senza nulla rilevare in relazione alla validità dell'atto di compravendita del 29.1.1985, non si opponeva alla domanda di scioglimento della comunione formulata dall'attore non solo relativamente ai beni relitti dalla A. ma anche a quelli relitti da C.G., padre dei germani C.. Si costituivano anche C.A.R. e P.P. che precisavano che, per effetto dell'atto di divisione e di appalto del 3.2.1979, i fratelli C. erano nudi proprietari solo di metà dello scantinato e del box n. 2 di (OMISSIS) mentre l' A. era proprietaria dell'altra metà, non si opponevano in ordine alla domanda di pagamento dei frutti in relazione all'appartamento di via (OMISSIS), da calcolarsi al netto dei miglioramenti e delle addizioni, contestavano la domanda attorea in relazione agli altri frutti, assumendo di essere a loro volta creditori dell'attore per il medesimo titolo, chiedevano il rigetto della domanda di accertamento della simulazione dell'atto del 29.1.1985, di quella di riduzione e di annullamento del predetto atto e, comunque, in sede di scioglimento della comunione, l'attribuzione del piano attico di via (OMISSIS).

Il Tribunale di Palermo, con sentenza non definitiva del 9.8.2001, dichiarava che l'atto di compravendita stipulato il 29.1.1985 tra A.A. e C.A.R. dissimulava una donazione e che, per effetto di tale donazione, l'attore era stato leso nella sua quota di riserva relativa al patrimonio relitto dalla A..

Rilevava in particolare il Giudice adito che il valore del donatum era pari a L. 644.878.000 e quello del relictum era pari a L. 56.606.000, che il risultato della riunione fittizia di relictum e donatum era pari a L. 701.484.000, e che, pertanto, la quota di riserva spettante all'attore, ai sensi dell'art. 537 cod. civ., ammontava a L. 233.828.000, sicchè andava disattesa l'eccezione dei convenuti secondo cui il valore dei beni donati non eccedeva la disponibile; riteneva altresì il Giudice del primo grado che la domanda di riduzione dovesse essere accolta, evidenziando che, in sede di scioglimento della comunione, alla convenuta doveva essere attribuirà, detratta la quota di riserva spettante all'attore, la restante parte degli immobili oggetto della donazione, non avendo C.I. proposto in via riconvenzionale alcuna domanda di riduzione della donazione della A. lesiva della sua quota di legittima. C.I. concorreva, quindi, sulla massa materna - l'unica che rileva in questa sede - solo sui beni relitti, in ragione della metà.

Con separata ordinanza il Tribunale rimetteva la causa sul ruolo in relazione alla domanda di scioglimento delle comunioni e alla domanda relativa ai frutti civili.

La predetta sentenza veniva impugnata da C.A.R., C.I. e P.P..

L'appellato C.D. si costituiva impugnando il gravame e chiedendone il rigetto.

La Corte di appello di Palermo, con sentenza del 13.9.2005, non avendo C.D. accettato l'eredità con beneficio d'inventario, dichiarava inammissibili le domande, proposte dall'attore nei confronti di C.A.R. e P.P., persone estranee all'eredità di A.A., di riduzione delle donazioni poste in essere da quest'ultima e di simulazione, ritenendo quest'ultima domanda nella specie preordinata esclusivamente all'esperimento dell'azione di riduzione contro un soggetto non coerede, e compensava per intero le spese del doppio grado di giudizio.

Avverso la sentenza della Corte di merito C.D. ha proposto ricorso per cassazione basato su cinque motivi, formulando anche eccezione di incostituzionalità in relazione all'art. 564 cod. civ..

C.A.R., C.I. e P.P. hanno resistito con controricorso.

Il ricorrente ha depositato memoria.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Al ricorso in esame non si applica il disposto di cui all'art. 366 bis cod. proc. civ. - inserito nel codice di rito dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 6 ed abrogato dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 47, comma 1, lett. d) - in considerazione della data di pubblicazione della sentenza impugnata (19.5.2005), pur se la parte ricorrente ha comunque formulato, per ogni motivo di ricorso, i relativi quesiti.

2. Con il primo motivo, denunciando "violazione e falsa applicazione dei principi in tema di accettazione con beneficio d'inventario a tutela dei donatari e/o legatari rispetto agli eredi legittimi, con conseguente omessa o insufficiente motivazione su un punto decisivo:

in particolare, violazione e falsa applicazione dell'art. 564 c.c., delle norme e dei principi in tema di accettazione con beneficio di inventario a tutela dei donatari e/o legatari rispetto agli eredi legittimi in relazione agli artt. 2, 3 e 24 Cost. ed all'art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5", il ricorrente lamenta che la sentenza impugnata abbia dichiarato l'inammissibilità dell'azione per violazione dell'art. 564 cod. civ., ignorando e trascurando la ratto di tale norma e giungendo ad una falsa applicazione della stessa.

Ad avviso del ricorrente, in base a quanto indicato nella relazione del Ministro G. al codice civile e alla giurisprudenza di legittimità e della Corte Costituzionale, la disposizione dell'art. 564 cod. civ., che subordina la proposizione dell'azione di riduzione delle donazioni e dei legati da parte del legittimario alla sua accettazione dell'eredità con beneficio d'inventario, salvo che le donazioni e i legati siano stati fatti a persone chiamate come coeredi, risponde alla ratio storica di evitare che la confusione dei patrimoni dell'erede e del de cuius impedisca al donatario o al legatario di verificare l'effettività della lesione della riserva ed a quella positiva di evitare il contrasto logico ed insanabile tra la responsabilità illimitata dell'erede, nonchè il suo obbligo di rispettare gli atti di disposizione del defunto, e Fazione di riduzione della liberalità. Lamenta il ricorrente che la Corte di merito abbia "letteralmente" applicato la norma in parola, dichiarando l'inammissibilità dell'azione in mancanza di accettazione beneficiata pur se nella specie: era stata accertata l'effettiva consistenza dell'asse ereditario, come indicata dall'erede pretermesso; l'esatta consistenza del relictum non era mai stata contestata dai donatari; questi ultimi erano nel possesso di quasi tutto il patrimonio; l'erede pretermesso non era mai stato nel possesso dell'unico bene costituente il relictum; la incontestata consistenza del relictum era stata definitivamente accertata in giudizio e nel contraddittorio delle; parti; in primo grado non era stata neanche eccepita l'inammissibilità dell'azione per violazione dell'art. 564 cod. civ.. Sollecita pertanto il ricorrente una lettura della norma in questione costituzionalmente orientata.

3. Con il secondo motivo, C.D. lamenta "violazione e falsa applicazione dei principi in tema di accettazione con beneficio di inventario a tutela dei donatari e/o legatari rispetto agli eredi legittimi, con conseguente omessa o insufficiente motivazione su un punto decisivo: in particolare, violazione e falsa applicazione dell'art. 564 c.c., delle norme e dei principi in tema di accettazione con beneficio di inventario a tutela dei donatari e/o legatari rispetto agli eredi legittimi in relazione agli artt. 2, 3 e 24 Cost. ed all'art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5".

Deduce il ricorrente di aver assolto in prime cure l'onere di provare lo stato e la consistenza dell'originario patrimonio della de cuius e del relictum, che tale stato e consistenza erano stati accertati dal ctu nel contraddittorio delle parti; rappresenta che, ove pure fosse stata effettuata un'accettazione beneficiata, l'inventario avrebbe avuto ad oggetto l'unico bene caduto in successione mai entrato nel possesso di C.D., nessun pericolo di confusione fra il patrimonio della de cuius e quello dei chiamati all'eredità poteva profilarsi nella vicenda all'esame, nessuna contestazione era stata mai sollevata dalle controparti circa l'effettiva consistenza dell'originario patrimonio della de cuius, tali circostanze erano state confermate dalla sentenza parziale del Tribunale di Palermo;

pone, infine, in rilievo che la sentenza di primo grado, in relazione alla determinazione del valore del relictum e del donatum e alla determinazione del risultato della loro riunione fittizia nonchè in relazione all'eccedenza del valore dei beni donati, rispetto alla disponibile, alla lesione della quota di riserva a lui spettante non è stata impugnata sicchè in relazione a tanto si è ormai formato il giudicato. Sostiene il ricorrente che, pur avendo reiteratamente rilevato che la ratto dell'art. 564 cod. civ. risiede nella tutela dei legatari e donatari estranei all'eredità, i quali, attraverso l'inventario possono rendersi conto dell'effettiva consistenza dell'asse ereditario, e che nella fattispecie all'esame nessun pregiudizio era stato arrecato a C.A.R., convenuta in riduzione, nè dalla stessa mai eccepito, a tale riguardo la Corte di merito avrebbe omesso ogni motivazione. Il ricorrente eccepisce inoltre la illegittimità costituzionale dell'art. 564 c.c., comma 1, per violazione degli artt. 2, 3 e 24 Cost. nella parte in cui non prevede che il legittimario che non ha accettato con beneficio d'inventario possa comunque agire in riduzione, oltre che nei confronti dei donatari e legatari chiamati come coeredi, anche nei confronti di terzi comunque a conoscenza della effettiva consistenza dell'originario patrimonio del de cuius.

4. Con il terzo motivo il ricorrente, lamentando "falsa applicazione dell'art. 564 c.c. e dell'art. 12 preleggi in violazione dell'art. 360 c.p.c. sub 3", asserisce che l'art. 12 preleggi espressamente prevede che il criterio di interpretazione teleologica debba prevalere sull'interpretazione letterale quando questa dia luogo ad un effetto incompatibile con il sistema normativo e che, nel caso all'esame, poichè la tutela prevista dall'art. 564 cod. civ. avrebbe trovato piena attuazione con la verifica dell'asse ereditario, senza che sia stata mai sollevata eccezione al riguardo e che sull'accertamento del relictum si è anche formato il giudicato, l'applicazione letterale della norma da ultimo richiamata si porrebbe in conflitto con la ratio e la finalità della norma stessa, diventando solo illegittimo strumento di pregiudizio per i diritti del legittimario pretermesso e di evidente indebito arricchimento per i donatari.

5. Con il quarto motivo il ricorrente, lamentando "violazione dell'art. 360 sub 5 per omessa motivazione su un fatto determinante ai fini della decisione", censura la sentenza impugnata per non aver motivato sull'eccezione, implicitamente disattesa, proposta dal medesimo e secondo cui, in presenza di una rinuncia di fatto del padre, erede legittimario, C.A.R. sarebbe de facto erede per rappresentazione, in tal modo rivestendo quella qualità da cui l'art. 564 cod. civ. farebbe derivare l'inapplicabilità della condizione di procedibilità.

6. I primi quattro motivi, che per connessione possono essere esaminati congiuntamente, sono tutti infondati.

6.1. Ed invero si osserva anzitutto, seguendo l'ordine logico delle questioni prospettate, che la Corte di merito ha espressamente motivato la sua decisione affermando che nella specie la domanda di simulazione era preordinata esclusivamente all'esperimento dell'azione contro un soggetto non coerede, e tale è certamente C.A.R. non essendo configurabile la figura - prospettata dal ricorrente nel quarto motivo di ricorso - dell'erede de facto per rappresentazione" ne potendosi, comunque, alla stessa riconoscere rilevanza giuridica. Si precisa, peraltro, che il padre della C. non ha rinunciato all'eredità della madre ma si è limitato a non proporre domanda di riduzione della donazione materna lesiva della sua quota di legittima (v. sentenza di primo grado p. 13).

6.2. Il Giudice di appello ha deciso correttamente pure le ulteriori questioni giuridiche sottoposte al suo scrutinio, supportando la sua decisione con adeguata motivazione, priva di vizi logici e giuridici.

sicchè non sussistono le doglianze sollevate al riguardo dal ricorrente con gli altri motivi all'esame.

In particolare il predetto Giudice si è conformato alla costante giurisprudenza di questa Corte (v. Cass. 29 settembre 1964, n. 2476;

Cass. 10 febbraio 1987, n. 1407; Cass. 19 marzo 1996, n. 2294; Cass. 18 aprile 2003, n. 6315, Cass. 27 giugno 2003, n. 10262; Cass. 23 febbraio 2011, n. 4400), secondo la quale qualora l'erede intenda far valere la simulazione relativa e l'atto dissimulato - che si assume lesivo della sua quota di legittima - abbia tutti i requisiti di validità (come nell'ipotesi di donazione dissimulata), l'azione di simulazione deve intendersi proposta in funzione unicamente dell'azione di riduzione ai sensi dell'art. 564 cod. civ. e non può che soggiacere alle condizioni in detta norma previste per tale azione, con la conseguenza che, intanto può essere proponibile, in quanto sussista il presupposto cui è condizionata la proposizione della seconda e, cioè, l'accettazione con beneficio d'inventario. In base a tale condiviso indirizzo giurisprudenziale, il requisito richiesto della preventiva accettazione dell'eredità con beneficio di inventario - configurato come una condizione di ammissibilità - per l'esercizio dell'azione di riduzione (Cass. 13 febbraio 1967, n. 359; Cass. 7 aprile 1990, n. 2923) deve considerarsi come presupposto anche dell'azione di simulazione relativa degli atti di disposizione compiuti dal de cuìus che il legittimario impugna in quanto celanti donazioni a favore di apparenti acquirenti. Secondo il consolidato e richiamato orientamento di questa Corte soltanto qualora trattasi di simulazione assoluta, o anche di simulazione relativa tesa ad invalidare una donazione nulla per vizio di forma o per incapacità a ricevere, si può riconoscere all'attore un interesse autonomo rispetto alla successiva riduzione delle disposizioni, consistente nell'accertamento dell'inesistenza del negozio o della sua nullità.

Se, infatti, la donazione è nulla non può entrare in gioco l'azione di riduzione, mentre l'accertamento della realtà effettiva consente al legittimario di recuperare alla massa ereditaria i beni donati, mai usciti dal patrimonio del defunto, senza che assumano rilevanza al riguardo nè la qualifica del beneficiario apparente (di erede o di soggetto estraneo all'eredità) nè l'eventuale mancanza dell'accettazione beneficiata. Qualora, invece, l'utilità, concretamente perseguita dal legittimario consista nella possibilità di far ridurre (anche, eventualmente, in un successivo giudizio) - nella specie, peraltro, la domanda di simulazione e stata ritenuta come esclusivamente preordinata all'esperimento dell'azione di riduzione (e sotto tale profilo la sentenza impugnata non è stata censurata) contro un soggetto non coerede - una liberalità dissimulata che, in quanto validamente conclusa, si ritenga lesiva del diritto alla legittima, la proponibilità dell'azione di riduzione (assistita, cioè, dall'assolvimento della condizione dell'accettazione dell'eredità con beneficio di inventario) costituisce un presupposto essenziale per l'esercizio anche dell'azione di simulazione che resterebbe, altrimenti, del tutto priva di interesse.

6.3. Va poi evidenziato che la deduzione concernente il difetto di accettazione dell'eredità con beneficio di inventario, che - come già rilevato - costituisce condizione di ammissibilità dell'azione di riduzione delle liberalità in favore di persone non chiamate alla successione come eredi (Cass. 13 febbraio 1967, n. 359; Cass. 7 aprile 1990, n. 2923), e dell'azione di simulazione nei sensi prima precisati, non costituisce una eccezione in senso tecnico; pertanto, la mancanza della predetta condizione, come per tutte le altre condizioni dell'azione in generale, deve essere rilevata anche d'ufficio dal giudice (Cass. 6 giugno 1968, n. 1701), pure in grado di appello o di rinvio (Cass. 27 novembre 1957, n. 4499).

6.4. Risulta poi manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale per violazione degli artt. 2, 3 e 24 Cost.. La previsione dell'accettazione dell'eredità con beneficio d'inventario, come condizione di ammissibilità dell'azione di riduzione soltanto nel caso in cui questa sia esercitata verso un terzo e non anche quando essa venga proposta contro un coerede, è dovuta anzitutto al fatto che l'esigenza, cui pure risponde la norma in parola, di mettere in grado il convenuto di conoscere l'entità dell'asse ereditario è avvertita nel primo caso molto più che nel secondo, presumendosi che il coerede abbia maggiori possibilità del terzo di accertarsi di tale entità con mezzi diversi da quello dell'accettazione del beneficiato (v. Cass. 9 luglio 1971, n. 2200 che ha già ritenuto manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 564 c.c., comma 1).

A tanto deve aggiungersi che la norma è posta anche a tutela dei creditori del legittimario.

Inoltre, come può desumersi pure dalla stessa relazione al progetto definitivo del codice civile (successioni, n. 87), non è illogica la richiesta di un'accettazione beneficiata dell'eredità nel solo caso in cui l'azione di riduzione sia intentata verso terzi e non anche quando si agisca nei confronti dei coeredi, posto che la disposizione in questione risponde anche alla ratto di evitare il contrasto logico insanabile tra la responsabilità ultra vires dell'erede per il pagamento dei debiti e dei legati e il suo obbligo di rispettare integralmente gli effetti degli atti compiuti dal defunto e, quindi, anche le donazioni e l'azione di riduzione della liberalità (v.

Cass. 7 ottobre 2005, n. 19527). Infine, l'accettazione con beneficio d'inventario è stata posta dal legislatore come condizione di ammissibilità dell'azione di riduzione nei confronti dei non coeredi anche al fine di evitare che i creditori del de cuius possano soddisfate le loro pretese sui beni conseguiti dall'erede con l'azione di riduzione, ritenendo evidentemente lo stesso legislatore ingiustificato il sacrificio dei terzi in favore non dei legittimali ma dei creditori del defunto, i quali, infatti, ai sensi dell'art. 557 c.c., comma 3, non possono chiedere la riduzione nè approfittarne, se il legittimario avente diritto alla riduzione ha accettato con il beneficio d'inventario.

Le considerazioni che precedono evidenziano, quindi, una adeguata giustificazione della norma di cui si discute (art. 564 c.c., comma 1) e una sostanziale diversità tra le due ipotesi disciplinate, il che esclude ogni irragionevolezza della disposizione e la disparità di trattamento di rilievo costituzionale; nè al riguardo è configurabile la lesione del diritto di difesa.

Neppure rilevano le circostanze del caso specifico messe in evidenza dal ricorrente nel secondo e, soprattutto, nel primo motivo di ricorso, trattandosi di situazioni di fatto. Ed invero, la Corte Costituzionale, in relazione proprio ad una questione di legittimità costituzionale sollevata con riferimento all'art. 564 c.c., comma 1, per preteso contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost., considerato che, nei due casi sottoposti al suo esame, l'azione di riduzione era stata proposta nei confronti del coniuge superstite, ante riforma del 1975 usufruttuario ex lege - il quale, in un caso, si trovava in possesso dell'intero patrimonio già appartenente al coniuge defunto, il che avrebbe escluso ogni possibilità di frode da parte del figlio che agiva per il ripristino dei suoi diritti di legittimario, e, nell'altro caso, era in grado non solo di controllare ex se la consistenza della massa ereditaria ma anche di modificarla, con eventuale appropriazione di beni, come nella specie accertato dai giudici di merito - ha dichiarato inammissibile la questione, affermando che non può essere richiesta alla Consulta una pronuncia di illegittimità in relazione ad una situazione di fatto (Corte Cost, n. 235 del 1985).

6.5. Infine va rilevato che l'interpretazione della norma operata dai giudice del merito, oltre ad essere conforme ai principi costituzionali, risulta conforme non solo al criterio letterale ma anche al criterio teleologico, tenuto conto degli scopi ragionevolmente perseguiti e perseguibili dal legislatore e già evidenziati.

7. Con il quinto motivo, lamentando "violazione dell'art. 360 sub 3 per erronea applicazione dell'art. 564 c.c.", il ricorrente deduce che la condizione di procedibilità di cui alla detta norma sussisteva comunque al momento della decisione impugnata, come da certificato notarile del 31.3.2005, prodotto all'udienza di precisazione delle conclusioni in sede di appello.

7.1. La censura è infondata e va disattesa.

7.2. La Corte di appello ha sul punto fatto corretta applicazione del principio affermato da questa Corte, secondo cui l'esperimento dell'azione di riduzione, implicando un atto di accettazione tacita, pura e semplice, dell'eredita, esclude la configurabilità di una successiva valida accettazione con il beneficio dell'inventario, in quanto questo tipo di accettazione non è giuridicamente concepibile dopo che l'eredità sia stata già accettata senza beneficio (Cass. 9 luglio 1971, n. 2200; Cass. 22 giugno 1963 n. 1679). Il che assorbe ogni altra questione, pure sollevata dal ricorrente, relativa al momento in cui la condizione in parola debba sussistere.

8. Il ricorso va, pertanto, rigettato.

Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
PQM
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore dei contro ricorrenti, delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 5.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali ed altri accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 4 luglio 2012.

Depositato in Cancelleria il 19 ottobre 2012
Avv. Antonino Sugamele

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