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Sentenza

SUCCESSIONE – Testamento nuncupativo, convivenza, obbligazione naturale e inammi...
SUCCESSIONE – Testamento nuncupativo, convivenza, obbligazione naturale e inammissibilità delle domande nuove in appello (Cc artt. 533, 590, 1173, 2034; Cpc artt. 163, 164)
 La legge riconosce solo l’irripetibilità della prestazione già eseguita, ma non la forza cogente dell’obbligazione naturale. Non è possibile novare un’obbligazione naturale rendendola civile, né rafforzarla con garanzie o promesse di pagamento. Il potere del giudice di qualificare la domanda non può collidere con il principio dispositivo del processo civile: se la parte attrice, su richiesta del giudice, esclude una determinata qualificazione giuridica (ad esempio, la natura successoria della domanda), non può poi invocarla in appello. È inammissibile in appello la prospettazione di una domanda fondata su un titolo giuridico (es. testamento nuncupativo ex art. 590 c.c.) non dedotto in modo specifico in primo grado, specie se la parte aveva escluso la natura successoria della pretesa nella memoria integrativa.

Nella fattispecie, il de cuius, prima di morire, espresse verbalmente il desiderio che parte dei suoi beni fosse lasciata alla ex compagna, ma solo un’autovettura fu effettivamente trasferita. Il denaro, invece, non fu mai corrisposto, nonostante la disponibilità iniziale dei familiari. La donna chiese formalmente le somme promesse e, non ottenendo risposta, citò in giudizio uno degli eredi, ma il Tribunale rigettò la richiesta, ritenendola una “obbligazione naturale” non azionabile in giudizio. La Corte d’Appello di Firenze ha confermato il giudizio di primo grado, rigettando la richiesta della ex compagna e condannandola alle spese.

    Corte d’Appello Firenze, Sez. I, sentenza 4 settembre 2025 n. 1516 – Pres. Lococo, Cons. Rel. Ermini
CORTE DI APPELLO DI FIRENZE
Sezione Prima Civile
Riunita in camera di consiglio e composta dai sig.ri magistrati:
dott. DANIELA LOCOCO - PRESIDENTE
dott. LEONARDO SCIONTI - CONSIGLIERE
dott. CHIARA ERMINI - CONSIGLIERE REL.
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile iscritta al n. …/2021 RG, avente ad oggetto l'appello avverso la sentenza n. .../2021
del Tribunale di Livorno e vertente
TRA
P.M., rappresentata e difesa dall'Avv. …del Foro di Pisa, con domicilio pec. …
APPELLANTE
E
M. avv. F., rappresentato e difeso dall'Avv. …e da sé medesimo del Foro di Livorno, con domicilio
pec….
APPELLATO
All'udienza del 04.02.2025 la causa era posta in decisione sulle seguenti:
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
F.M.M., compagno di P.M., decedeva nel 2007. Tuttavia, manifestava verbalmente ai congiunti più
stretti il suo desiderio di lasciare alla ex compagna e convivente (P.M.), che lo aveva assistito nel
periodo di malattia antecedente alla fine del loro rapporto, la propria autovettura e la metà residua
del proprio TFR e delle somme depositate in banca a suo nome.
Con lettera raccomandata del 14.07.2008 l'Avv. N., per conto dei familiari del de cuius, comunicava
alla M. la disponibilità degli stessi ad eseguire le volontà del defunto. Tale disponibilità era poi
reiterata anche con una nuova missiva del 2011. Solo l'autovettura era poi effettivamente trasferita
alla M..
Nel 2017 la M. richiedeva la corresponsione di quanto promesso, e non ricevendo soddisfazione alle
proprie pretese, adiva il giudice di Livorno per ottenere la condanna al pagamento della somma, da
parte di F.M., di Euro 51.390,00, oltre interessi e rivalutazione monetaria, con decorrenza dal
14.07.2007 al soddisfo.
Il primo giudice, eccepita la nullità della citazione, con ordinanza del 16.5.2019: "considerato che non
appare compiutamente realizzata l'esposizione delle ragioni di diritto poste dall'attrice a
fondamento della domanda, avendo fatto riferimento la signora M. sia alle asserite volontà
testamentarie del de cuius sia all'impegno assunto il 14.7.2008 dai familiari (peraltro genericamente
individuati) del signor F.M.M. al pagamento della somma indicata in citazione" assegnava alla parte
attrice, ai sensi degli artt. 164, comma 4 e 163 n. 4 cod. proc. civ., un termine perentorio sino al
14.6.2019 per l'integrazione della domanda.
Con memoria depositata il 13.6.2019, integrativa della citazione, l'attrice P.M., dopo aver ripercorso
la vicenda sostanziale, precisava che: "il presente giudizio trova dunque il proprio fondamento
giuridico nell'obbligazione assunta dai familiari del signor F.M.M. di dare esecuzione alla volontà
del congiunto e di corrispondere alla prof. M. la somma che gli stessi familiari del de cuius avevano
indicato, somma ammontante ad Euro 51.390,00 la cui datio costituisce quindi l'oggetto del
contendere della presente causa. Quanto sopra è stato peraltro esposto da questa parte già nel corso
della prima udienza, tenutasi dinanzi al giudice monocratico, al fine di qualificare l'inquadramento
giuridico della fattispecie non contestare pretestuosamente la domanda non trattandosi di giudizio
in materia successoria, bensì di un'obbligazione extracontrattuale assunta dall'odierno convenuto;
quindi, non vi sarebbe stato alcun obbligo di esperire la procedura di mediazione come affermato
erroneamente dal convenuto …".
Con la successiva comparsa di costituzione depositata nell'interesse di F.M., il convenuto prendeva
atto: "della precisazione di parte attrice che non si tratta di giudizio successorio, così come
prendiamo atto dell'inesistenza di un testamento e dell'inesistenza di velleità successorie da parte
dell'attrice" e contestava l'esistenza di qualsiasi obbligazione extracontrattuale da lui asseritamente
assunta, rimarcando che la M. non aveva mai accettato le somme offerte, né restituito gli effetti del
de cuius.
In sede di comparsa conclusionale la M. illustrava poi la causa petendi facendo riferimento anche
all'istituto del riconoscimento di debito e a quello del testamento nuncupativo.
Il primo giudice, dopo aver rigettato le istanze istruttorie siccome ripetitive delle risultanze
documentali, con sentenza pubblicata il 31.5.2021, richiamati i principi enunciati da Cass. n.
888/1962, ricostruiva la fattispecie sussumendola sotto l'articolo 2034 cod. civ., ossia nell'alveo delle
obbligazioni naturali, facendo rilevare che la legge non riconosceva forza cogente alle obbligazioni
naturali, ma soltanto l'irripetibilità della prestazione già eseguita. Per cui era l'esecuzione spontanea
di quella volontà che ne cristallizzava giuridicamente gli effetti, non essendo possibile novare
un'obbligazione naturale facendola divenire un'obbligazione civile, come reiteratamente chiarito
dalla Suprema Corte. Neppure veniva accolta dal primo giudice l'ipotesi di responsabilità
risarcitoria extracontrattuale, difettandone integralmente i presupposti.
Per tali ragioni così statuiva: "Il Tribunale, definitivamente pronunciando, contrariis reiectis, così
provvede: 1) Rigetta la domanda proposta da P.M. nei confronti di F.M.; 2) Condanna la parte attrice
a rifondere al convenuto le spese di lite, che si liquidano in Euro 1.620,00 per la fase di studio, Euro
1.200,00 per la fase introduttiva, Euro 1.500,00 per la fase istruttoria ed Euro 2.800,00 per la fase
decisoria, oltre IVA, CPA e rimborso spese generali come per legge".
Avverso la sentenza del Tribunale di Livorno, pubblicata il 31.5.2021, proponeva appello, con atto di
citazione notificato il 23.12.2021, P.M. per i seguenti motivi:
1) con il primo motivo lamentava l'inquadramento dell'obbligazione sotto il regime giuridico
dell'obbligazione naturale, argomentando che gli eredi di F.M.M., con la loro missiva, avevano
riconosciuto che il de cuius aveva disposto in vita della quota disponibile del proprio patrimonio in
favore della M., per una somma pari a Euro 51.390,00 oltre all'automobile a lui appartenente, per cui
tale manifestazione di volontà aveva trasformato l'obbligazione naturale in un'obbligazione civile.
Illustrava, quindi, che la fattispecie doveva essere qualificata come un caso di testamento
nuncupativo, trattandosi di un testamento orale e quindi nullo per legge, che tuttavia era stato
confermato attraverso quegli atti dagli altri eredi, con conseguente applicabilità dell'art. 590 cod. civ.;
2) con il secondo motivo invocava la compensazione delle spese del giudizio di primo grado, tenuto
conto della peculiarità della fattispecie e dell'oggetto del contendere e considerato altresì che essa
appellante era realmente convinta che il de cuius avesse lasciato disposizioni testamentarie scritte
che, tuttavia, non erano state mai pubblicate dagli eredi.
Si costituiva in giudizio F.M., il quale chiedeva il rigetto dell'appello, aderendo alla qualificazione
operata da parte del Tribunale, in forza della quale le volontà degli eredi del M. non costituivano
un'obbligazione extracontrattuale, ma soltanto un'obbligazione naturale che, se eseguita, non
consentiva agli stessi alcuna ripetizione. Eccepiva inoltre l'inammissibilità della prospettazione
dell'appellante volta a qualificare quelle dichiarazioni quale mezzo di sanatoria di un testamento
nullo, perché orale, attraverso l'istituto del c.d. testamento nuncupativo di cui all'art. 590 cod. civ.,
trattandosi di domanda nuova, poiché avanzata in primo grado solo in comparsa conclusionale, al
pari di quella fondata sull'assunto del riconoscimento di debito (poi abbandonata in appello),
considerato altresì che, in ottemperanza all'ordine del primo giudice di sanare la riscontrata nullità
della domanda, la stessa M. né nella memoria integrativa della citazione né nelle memorie ex art.
183 comma 6 cod. proc. civ., aveva fatto alcun riferimento ad istituti di natura successoria.
Contestava, inoltre, che la M. avesse assunto la qualità di erede del de cuius. Concludeva per il
rigetto dell'appello, anche con riguardo al capo delle spese, contestando i presupposti per la loro
compensazione.
Acquisito il fascicolo di primo grado, all'udienza del 04.02.2025, svoltasi nelle forme della c.d.
trattazione scritta ai sensi dell'art. 127 ter cod. proc. civ., le parti depositavano in via telematica le
note di precisazione delle conclusioni, e la causa passava in decisione decorsi i termini di cui all'art.
190 cod. proc. civ.
Le parti ripercorrevano nelle proprie comparse e memorie quanto già sostenuto nei precedenti scritti
difensivi.
LE RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo di appello è per un verso inammissibile e per altro verso infondato.
E’ inammissibile perché, dopo che il primo giudice, con l'ordinanza del 6.5.2019 di cui si è sopra dato
atto, aveva rilevato la nullità della citazione perché non erano stati specificatamente indicati i fatti e
gli elementi di diritto costituenti le ragioni della domanda, la M., con la memoria integrativa allo
scopo depositata il 13.6.2019, ha precisato che la domanda da essa proposta non era da ricondurre
nell'alveo delle cause successorie, ma che si trattava di un'obbligazione di natura extracontrattuale
assunta dagli eredi nei propri confronti.
Ciò preclude alla parte appellante di invocare in questo grado del giudizio l'applicazione dell'istituto
del testamento nuncupativo ex art. 590 cod. civ. al fine di dimostrare l'esistenza del proprio diritto
al pagamento della somma di Euro 51.390,00, postulando tale diritto la qualità di successore mortis
causa, espressamente negata dalla parte appellante la quale ha escluso di avere esperito un'azione
di petizione di eredità di cui all'art. 533 cod. civ. o, in ipotesi, di adempimento del legato. Né, d'altro
lato, la stessa ha mai precisato se il lascito in suo favore avesse natura di legato o derivasse da
un'istituzione di erede.
Ora, se da un lato, la qualificazione della domanda spetta al giudice, dall'altro vi è da rilevare che
tale potere non può collidere con il principio dispositivo che governa il processo civile, quando,
come nel caso di specie, la stessa parte attrice, richiesta dal giudice di precisare gli elementi di fatto
e di diritto posti a fondamento della citazione di primo grado, ha negato una determinata
qualificazione giuridica, in tal modo implicitamente rinunciandovi, e ciò anche perché tale
comportamento processuale preclude all'altra parte qualsiasi valida difesa sull'eventuale
applicazione degli istituti successori rilevanti nella fattispecie e sui fatti ad essi relativi.
Da ciò deriva che il primo motivo di appello deve essere dichiarato inammissibile ex art. 345 cod.
proc. civ. nella parte in cui prospetta l'esistenza di un testamento nuncupativo a fondamento della
propria pretesa.
Dato atto che la prospettazione del riconoscimento del debito è stata abbandonata in appello, vi è da
rilevare che l'assunto sostenuto dall'appellante secondo cui il diritto al pagamento della somma di
Euro 51.390 in forza di un'obbligazione di natura extracontrattuale è da ritenersi infondato, posto
che come già rilevato dal primo giudice, di detta obbligazione non sussistono i presupposti.
L'art. 1173 cod. civ. individua le fonti delle obbligazioni nel contratto (insussistente nel caso di specie
e neppure prospettato dall'appellante), ovvero in ogni altro fatto o atto idoneo a produrle in
conformità all'ordinamento giuridico; atti e fatti che, tuttavia, non sono stati adeguatamente illustrati
dall'appellante, la quale, anche in questo grado del giudizio, si è sostanzialmente limitata a sostenere
che: "la manifestazione di volontà degli eredi di adempiere alle ultime volontà del congiunto ha
determinato la trasformazione dell'obbligazione da "naturale" a "civile" che secondo la dottrina
prevalente avrebbe effetti estintivi dell'obbligazione naturale e trasformerebbe la stessa in
obbligazione giuridica connotata dall'animus novandi", senza, peraltro, neppure prendere posizione
rispetto alle motivazioni della sentenza impugnata, che, nel richiamare, sul punto, il consolidato
orientamento della Suprema Corte, ha rilevato che: " "in ordine all'obbligazione naturale l'autonomia
negoziale non può estrinsecarsi con una promessa di pagamento, produttiva di un nuovo e diverso
vincolo giuridico, ne può trasformarla per novazione e neppure rafforzarla con una fideiussione od
altri mezzi di garanzia: di tal che l'obbligazione naturale non può costituire neppure un valido
rapporto causale sottostante ad un titolo cambiario e l'emissione di una cambiale contenente la
promessa del suo pagamento non produce effetti giuridici tra le parti, nè vale a trasformarla in
obbligazione civile. …" (sent. Cass. 25.10.1974 n. 3120; in senso analogo sent. Cass. 29.11.1986 n.
7064)".
Condivisi i principi enunciati dalla Suprema Corte con le richiamate sentenze, vi è quindi da
confermare anche in questa sede l'infondatezza dell'assunto sostenuto dalla parte appellante,
secondo cui le citate missive del 14.7.2008 e del 14.10.2011 varrebbero a conferire natura di
obbligazione civile alla pretesa di pagamento dell'importo di Euro 51.390 avanzata dalla M., con la
conseguenza che il primo motivo di appello va disatteso.
Il secondo motivo è parimenti infondato, non ricorrendo e non essendo stati neppure adeguatamente
illustrati i presupposti di cui all'art. 92, comma 2, cod. proc. civ. per la compensazione delle spese di
lite. Non è infatti prospettabile una soccombenza parziale reciproca delle parti, né alcuna ipotesi di
mutamento giurisprudenziale ovvero altre ipotesi particolari che, pur alla luce dei principi dettati
dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 77/2018, possano giustificare la compensazione delle
spese del giudizio di primo grado.
Ne consegue che l'appello va respinto
Le spese del grado seguono la soccombenza dell'appellante e sono liquidate in favore della parte
appellata come da dispositivo in base al valore della causa ed alle vigenti tariffe forensi, sui minimi
tabellari attesa la semplicità delle questioni trattate, escluso il compenso per la fase istruttoria perché
non tenuta in appello.
P.Q.M.
La Corte d'Appello di Firenze, Sezione Prima Civile, definitivamente pronunciando sull'appello
proposto da P.M. nei confronti di F.M. con atto di citazione notificato il 23.12.2021 avverso la
sentenza n. .../2021 del Tribunale di Livorno, pubblicata il 31.05.2021, ogni contraria istanza,
eccezione e difesa disattesa e respinta, così provvede:
1) rigetta l'appello e conferma la sentenza impugnata;
2) condanna l'appellante al rimborso, in favore della parte appellata, delle spese del grado che
liquida in Euro 3.500 per compensi, oltre spese generali al 15%, Cpa e Iva.
Conclusione
Così deciso in Firenze, il 3 settembre 2025.
Depositata in Cancelleria il 4 settembre 2025.
Avv. Antonino Sugamele

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