Azione surrogatoria. Sulla incompatibilità o meno tra surrogatoria ed accettazione dell'eredità con beneficio d'inventario.
Cass. civ., sez. III, sent., 22 novembre 2022, n. 34297
Presidente Sestini – Relatore Ambrosi
Fatti di causa
La Corte di appello di Roma ha rigettato l'appello proposto da C.A.M. avverso la sentenza del Tribunale della stessa città e lo ha condannato a rifondere le spese del grado di appello in favore della parte appellata.
Con un primo atto di citazione, C.A.M. aveva convenuto in giudizio dinanzi il Tribunale di Roma, N.E. , L.L. e L.C. , quali eredi di L.S. , per sentirli condannare al pagamento dell'onorario professionale nella misura di Euro 10.813.111,91 per aver svolto l'incarico di consulente di parte del loro dante causa, L.S. , nel corso di un incidente probatorio disposto dal Giudice per le indagini preliminari di Roma in relazione ad un procedimento penale in cui il predetto era indagato di reati societari e fallimentari. Resistevano i convenuti opponendo che al C. non fosse stato mai conferito alcun incarico e di aver accettato l'eredità con beneficio di inventario.
Con un successivo atto di citazione, C.A.M. conveniva in giudizio gli eredi L. e le Compagnie di assicurazioni Assitalia e Generali (poi divenute Generali Italia) richiedendo l'accertamento delle coperture assicurative e dell'inerzia degli eredi L. all'attivazione della garanzia per i debiti contratti dal loro dante causa, con conseguente condanna delle imprese assicuratrici alla corresponsione in suo favore ex art. 2900 c.c. degli indennizzi nei limiti dei massimali assicurati. Si costituivano gli eredi di L. contestando la domanda ex adverso proposta. Le Assicurazioni restavano contumaci.
I giudizi venivano riuniti e il Tribunale condannava gli eredi L. al pagamento in favore di C. della somma di Euro 3.873.870,00, rigettava la domanda ex art. 2000 c.c. nei confronti delle compagnie, con condanna alle spese dei soccombenti.
Per quanto ancora di interesse, la Corte di appello ha fondato la decisione di rigetto del gravame proposto dall'odierno ricorrente sulla base di tre argomentazioni.
Con la prima ha ritenuto che la richiesta di surroga di un creditore nei confronti dei debitori - che dovrebbero essere manlevati in base alla polizza - si configura semplicemente come mancato avvalimento di una garanzia.
Con la seconda ha evidenziato che l'azione surrogatoria è uno strumento apprestato dall'ordinamento per il creditore al fine di prevenire e neutralizzare gli effetti negativi che possano derivare alle sue ragioni dalla inerzia del debitore il quale ometta di esercitare le opportune azioni dirette a tutelare o incrementare il proprio patrimonio; viceversa, che la manleva assicurativa non rappresenta un diritto patrimoniale su cui si può soddisfare il creditore dato che il mancato esercizio della manleva non intacca la consistenza del patrimonio del debitore e tantomeno il requisito indispensabile del rischio di insolvenza del medesimo debitore.
Con la terza ha concluso che gli eredi L. si erano comunque attivati "(bene o male non importa) per cui non può essere consentito al creditore di interferire rispetto a quelle attività del debitore che si risolvono in atti di disposizione del diritto stesso".
Avverso la sentenza di appello C. ha proposto ricorso per cassazione illustrato da un unico motivo. Ha resistito con controricorso Generali Italia s.p.a.. Sebbene intimati, non hanno ritenuto di svolgere difese gli eredi di L.S. nel giudizio di legittimità.
La trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale ai sensi dell'art. 380-bis.1. c.p.c. Il Pubblico Ministero non ha depositato conclusioni. Parte resistente ha deposito memoria.
Ragioni della decisione
1. Con l'unico motivo di ricorso il ricorrente lamenta la "violazione e falsa applicazione ai sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 3 degli artt. 2900 e 2740 c.c. e art. 1917 c.c., comma 2 ed erronea applicazione della disciplina sul diritto di surroga, dove non accerta il diritto del Dott. C. a subentrare nella posizione degli eredi L. nei confronti dell'istituto assicuratore".
In particolare, dopo aver riportato integralmente il testo della sentenza impugnata, ne contesta partitamente i seguenti passaggi motivazionali:
1) "L'appello è infondato. In effetti l'azione surrogatoria di cui all'art. 2900 c.c. è finalizzata a conservare le garanzie patrimoniali del debitore inerte".
Il ricorrente, in proposito, denuncia che la Corte territoriale abbia confermato la decisione di prime cure ritenendo che il disposto dell'art. 2900 c.c. non valga a tutelare le ragioni del creditore, se il debitore non risulti inerte; lamenta che l'inadempimento all'obbligo di corrispondere il corrispettivo dovuto permane da quasi venti anni, essendosi la sua attività professionale conclusasi nell'anno 2001; contesta l'affermazione della sentenza impugnata - perché del tutto erronea - secondo cui l'azione surrogatoria sarebbe incompatibile con il meccanismo del beneficio di inventario in cui il pagamento dei creditori dell'eredità giacente soggiace ad un meccanismo liquidatorio concorsuale posto che, da un lato, soltanto nel caso di opposizione, l'erede non può eseguire i pagamenti e deve introdurre la procedura di liquidazione concorsuale di cui all'art. 499 c.c. e, dall'altro lato, che l'indennizzo assicurativo è destinato in via esclusiva al danneggiato e non può costituire quindi oggetto della liquidazione del patrimonio relitto ai sensi degli artt. 495 e 499 c.c.; invoca infine il tenore del primo capoverso dell'art. 2900 c.c. ove si prevede che il creditore eserciti il diritto di surroga "per assicurare che siano soddisfatte o conservate le sue ragioni";
2) " (...) non è configurabile un diritto reale o un credito tralasciati dal debitore ma semplicemente si configura il mancato avvalimento di una garanzia (che è cosa ben diversa della rinuncia al pagamento di un indennizzo assicurativo)".
Sul punto il ricorrente richiama il dettato dell'art. 1917 c.c. che - nel garantire quanto l'assicurato per sua responsabilità civile deve pagare al terzo - al comma 2, prevede la facoltà di pagare direttamente al terzo danneggiato, sicché nell'applicazione dell'art. 2900 c.c. il trasferimento riguarda, quindi, non solo la titolarità del diritto alla manleva e garanzia ma anche la facoltà di chiedere pagamento diretto al danneggiato (previsto al comma 2) con la conseguenza che proprio in virtù di tale subentro (nell'accrescimento patrimoniale che ne deriverà) potrà beneficiare il terzo danneggiato che ha agito in surroga e non già, gli eventuali terzi creditori diversi e aventi altro credito di credito;
3) "Va infine ribadito, come osserva la consolidata giurisprudenza della Cassazione che gli eredi L. si sono comunque attivati (bene o male non importa) per cui non può essere consentito al creditore di interferire rispetto a quelle attività del debitore che si risolvono in atti di disposizione del diritto stesso".
In proposito, contesta come opinabile, l'interpretazione data dalla Corte di appello sulla inapplicabilità della disciplina di cui all'art. 2900 c.c. in caso di difetto del requisito della inerzia del titolare del diritto in quanto essa va parametrata alla inidoneità ed insufficienza alla iniziativa assunta quali parametri ai quali ancorare il giudizio; la norma fa riferimento al termine "trascuratezza" e non a quello di inerzia e tale precisazione ha consentito di dilatare la previsione anche alle ipotesi in cui l'azione intrapresa (nella specie, solo tentata) dal debitore sia risultata inutile allo scopo perché inconferente e diretta a soggetti che non potevano garantire il rischio delle spese di consulenza. Del resto, l'erroneità dell'azione rivolta verso assicuratori diversi da quelli che effettivamente garantivano l'obbligazione del professionista alla tutela del suo credito ha vanificato (e rende irrilevante il profilo soggettivo dell'autore per diverse ragioni: a) la non patrimonialità dell'avvalimento della garanzia; b) la perdita del connotato della patrimonialità: c) l'erroneità nella individuazione di polizze e istituti assicuratori, evidentemente diversi rispetto ai contratti effettivamente destinati a tale tutela, rende inidoneo detto esercizio rispetto alla valutazione di una ipotetica volontà di volersene avvalere.
L'errore del giudice di merito risiederebbe nell'aver male interpretato l'art. 2900 c.c. annoverando tra fatti idonei e sufficienti, iniziative del tutto inutili; contesta il richiamo alla giurisprudenza di legittimità operato dalla sentenza impugnata poiché attinente ad una condotta non assimilabile a quella inerte degli eredi L. rivolta nei confronti di enti assicurativi Zurigo e UAP, polizze, neppure astrattamente idonee a garantire il pagamento del debito de quo, senza aver considerato la inerzia/trascuratezza nei confronti di INA e Assicurazioni Generali.
Al fine di avvalorare la propria tesi, il ricorrente richiama ampiamente alcune pronunce di legittimità sia sul concetto di inerzia sia sugli elementi richiesti dall'art. 2900 c.c. sia, infine, sulla funzione della azione surrogatoria per come ricostruita dalla Suprema Corte. Alla luce di tali ampi richiami sostiene che la Corte territoriale è incorsa in un errore di diritto ove ha ritenuto che: "la manleva assicurativa non rappresenta diritto patrimoniale in cui si può soddisfare il creditore dato che il mancato esercizio della manleva non intacca la consistenza del patrimoniale del debitore e tantomeno produce il requisito indispensabile del rischio di insolvenza del debitore stesso".
Ritiene ancora che non vi fu neppure una condotta degli eredi L. idonea a costituire una rinuncia tacita al diritto di garanzia, non potendosi ritenere tale la richiesta di autorizzazione alla erronea chiamata in causa di istituti assicurativi, neppure coltivata perché tardiva, che non copriva il rischio delle spese sostenute per la difesa di L.S.
Conclude nel richiedere alla Corte di cassazione una decisione senza necessità di rinvio alla Corte di appello, tenuto conto che Generali Assicurazioni Italia è stata contumace nel giudizio di appello e potrà essere condannata al pagamento del corrispettivo spettante al professionista.
4. Preliminarmente il Collegio ritiene superabili i profili di inammissibilità del ricorso sollevati da parte controricorrente per violazione del principio di autosufficienza del ricorso a norma dell'art. 366 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, tenuto conto che sia l'esposizione sommaria dei fatti di causa sia l'indicazione dei motivi per i quali si chiede la cassazione sono adeguatamente riportati dal ricorrente e pongono il Collegio nelle condizioni di comprendere l'oggetto della controversia ed il contenuto delle censure e ciò anche alla luce dei principi enunciati di recente da questa Corte nel suo più alto consesso (Cass. Sez. U 18/03/2022 n. 8950).
5. Venendo al merito delle censure, così come prospettate e sopra sinteticamente riassunte, il proposto complesso unico motivo di ricorso è fondato per le ragioni che seguono.
5.1. Come pur correttamente osserva la parte controricorrente, la verifica della sussistenza o meno degli elementi fondanti l'esperimento dell'azione surrogatoria costituisce un accertamento dii fatto riservato al giudice di merito, incensurabile in sede di legittimità, se adeguatamente motivato (cfr. già, in via generale, Cass. 09/04/1980, n. 2281 ed in particolare, quanto alla fattispecie esaminata, Cass. Sez. 3, 18/02/2000 n. 1867 cit. punto 3.2. in motivazione).
Rileva il Collegio, però, che l'accertamento svolto dal giudice di merito non si è posto in linea coi principi enucleati dalla giurisprudenza di legittimità riguardo ai presupposti della azione surrogatoria, una volta posti in relazione con quelli elaborati da questa stessa Corte in materia di esercizio del diritto ad ottenere l'indennizzo da parte del debitore assicurato.
5.2. In materia di esercizio dell'azione surrogatoria, è stato posto in evidenza che esso - consentendo al creditore di prevenire e neutralizzare gli effetti negativi che possono derivare alle sue ragioni dall'inerzia del debitore il quale ometta di esercitare le opportune azioni dirette ad incrementare il suo patrimonio - conferisce al creditore stesso la legittimazione all'esercizio di un diritto altrui ed ha perciò carattere necessariamente eccezionale, potendo essere proposta solo nei casi ed alle condizioni previsti dalla legge; ne discende che, qualora il debitore non sia più inerte per avere posto in essere comportamenti idonei e sufficienti a far ritenere utilmente espressa la sua volontà in ordine alla gestione del rapporto, viene a mancare il presupposto perché a lui si possa sostituire il creditore, il quale non può sindacare le modalità con cui il debitore abbia ritenuto di esercitare la propria situazione giuridica all'interno del rapporto, nè contestare le scelte e l'idoneità delle manifestazioni di volontà da questo poste in essere a produrre effetti riconosciuti dall'ordinamento, soccorrendo all'uopo altri strumenti di tutela a garanzia delle pretese del creditore quali, ove ne ricorrano i requisiti, l'azione revocatoria ovvero l'opposizione di terzo (Cass. Sez. 3, n. 1867 del 2000 cit.).
Nello stesso solco, questa Corte ha affermato che, se è vero che l'azione surrogatoria può essere esperita dal creditore anche nel caso in cui l'attività del debitore sia qualitativamente o quantitativamente insufficiente per la tutela della situazione giuridica del debitore stesso all'interno del rapporto con il terzo, il principio non può, tuttavia, essere esteso al punto da consentire l'interferenza del creditore anche rispetto a quelle attività del debitore che si risolvano in atti di disposizione del diritto stesso, in quanto questo è e rimane nella piena disponibilità del suo titolare a disporne, sia pur con conseguenze negative sulla situazione patrimoniale complessiva, e costituisce una esplicita manifestazione della volontà di gestione e non un indice di trascuratezza nell'esercizio di quel diritto; un qualsivoglia comportamento positivo posto in essere dal debitore, ancorché lesivo delle aspettative del creditore, in quanto atto d'amministrazione del proprio patrimonio spettante unicamente al debitore stesso, esclude la possibilità d'interferenza da parte del creditore con l'azione surrogatoria, non potendo evidentemente un atto positivo essere equiparato ad un comportamento omissivo od insufficientemente od inidoneamente attivo, unica ipotesi prevista e disciplinata dall'art. 2900 c.c., salvo a costituire oggetto d'azione revocatoria, ove ne ricorrano gli estremi, ai sensi dell'art. 2901 c.c. (v. Sez. 3, n. 1867 del 2000 cit. punto 2.2. in motivazione; v. anche Cass. Sez. 6 3, 17/11/2020 n. 26049).
In definitiva, l'inerzia o, come meglio indica la norma, "la trascuratezza" del debitore, quale comportamento omissivo o, quantomeno, insufficientemente attivo - va esclusa in presenza di un qualsivoglia comportamento positivo, ancorché pregiudizievole per le ragioni creditorie, attraverso cui il debitore manifesti la volontà di gestire il proprio patrimonio - rende inammissibile l'azione surrogatoria proposta dal creditore (Cass. Sez. 2, 04/08/1997 n. 7187).
5.3. Riguardo all'inerzia del debitore assicurato per l'omessa richiesta di pagamento dell'indennizzo all'assicuratore, questa Corte ha pure ripetutamente affermato che nel mancato esercizio da parte dell'assicurato della facoltà di chiedere all'assicuratore di pagare direttamente ai terzi danneggiati l'indennizzo, ai sensi dell'art. 1917 c.c., comma 2, non può ravvisarsi quell'inerzia del debitore che costituisce un presupposto della azione surrogatoria da parte dei detti danneggiati, quando l'assicurato ha posto in essere iniziative ed accorgimenti diretti a mantenere integra la garanzia del proprio diritto allo indennizzo verso l'assicuratore (in tal senso, Cass. Sez. 3, 05/12/2011 n. 26019; conforme a Sez. 3 08/06/2007, n. 13391 e a Sez. 3 09/01/1991, n. 155).
Pertanto, la cosiddetta "inerzia" del debitore, per essere idonea a legittimare i creditori all'esercizio dell'azione surrogatoria, deve consistere nell'aver egli trascurato di far valere il proprio diritto o esperire le proprie azioni nei confronti del terzo, ingenerando il pericolo che, in dipendenza di siffatta inerzia, le ragioni dei creditori possano essere frustrate; in tale pericolo di pregiudizio può vedersi il fattore determinante il sorgere, nel creditore, dell'interesse alla conservazione della garanzia patrimoniale e, conseguentemente, di un suo agire "in sostituzione" del proprio debitore.
5.4. Alla luce dei principii sopra richiamati, e venendo al caso in esame, è emerso nei giudizi del merito che da parte dei debitori (gli eredi L. ) furono poste in essere iniziative (verso assicuratori terzi, chiamati in causa tardivamente, diversi da quelli che si assumevano tenuti all'indennizzo) non idonee a mantenere integra la garanzia del diritto all'indennizzo del danneggiato e, pertanto, il giudice del rinvio dovrà valutare nuovamente tale condotta e chiedersi se essa sia stata satisfattiva rispetto alla conservazione della garanzia predetta e se la condotta degli eredi L. si possa o meno ravvisare la trascuratezza richiesta dalla norma.
Dato pacifico - perché accertato sia in prime che in seconde cure (cfr. motivazione sentenza impugnata pag. 3 e, come risulta anche dallo svolgimento del giudizio di primo grado, illustrato nel ricorso) - è quello per cui gli "eredi L. " chiesero di essere autorizzati a chiamare in causa le compagnie assicuratrici Zurigo e UAO, indicate come compagnie assicuratrici del de cuius per le spese peritali; richiesta dichiarata, poi, tardiva (pag. 5 e 6 del ricorso), sebbene fossero altri gli istituti di assicurazione da chiamare in causa e cioè: le Assicurazioni Italia (responsabilità civile di tutti i soggetti che ricoprivano cariche sociali) e le Generali (spese per assistenza giudiziale); sul punto, lo stesso ricorrente dà anche conto di averli convenuti nel secondo giudizio di prime cure e che la domanda di surroga venne rigettata dal Tribunale (pag. 7 e 8 del ricorso).
Siffatte pacifiche connotazioni della condotta tenuta dagli eredi L. non è scalfita dall'avere i predetti rinunziato all'eredità del loro dante causa, giacché così facendo essi hanno esercitato un loro diritto che, peraltro, non privava ma solo cambiava di titolare - facendolo individuare nell'eredità giacente e nel suo curatore - ed è quindi l'accettazione con beneficio di inventario è circostanza neutra, contrariamente a quanto rilevato dal giudice di appello, rispetto ai presupposti previsti per l'azione surrogatoria che, come veduto, consente al danneggiato di essere comunque posto nella condizione di porre in essere iniziative atte a mantenere integro il proprio diritto all'indennizzo assicurativo. Pertanto, del tutto erroneo è l'assunto della incompatibilità fra surrogatoria e accettazione dell'eredità con beneficio di inventario, istituto, quest'ultimo, che ha la funzione di mantenere separato il patrimonio degli eredi da quello del de cuius e di consentire la liquidazione (individuale o, se richiesta, concorsuale) del patrimonio del deceduto, ma non impedisce -naturalmente- che detto patrimonio possa essere incrementato dagli eredi beneficiati mediante la riscossione di crediti del de cuius (in questo caso, per indennizzo assicurativo) o, in caso di inerzia degli eredi, ad iniziativa di creditori che agiscano in via surrogatoria.
Pertanto, la Corte di appello nel richiamare il solo principio secondo cui gli effetti dell'azione surrogatoria posta in essere dal creditore, ove ne sussistano le condizioni, si producono esclusivamente sul patrimonio del debitore, non traendo il creditore surrogante in via immediata e diretta alcun risultato utile se non la conservazione o l'incremento della garanzia patrimoniale, ha trascurato di considerare la peculiarità degli effetti dell'azione surrogatoria riguardo al comportamento posto in essere dagli eredi del debitore nella fattispecie in esame al fine di verificare se esso abbia o meno costituito "iniziative ed accorgimenti diretti a mantenere integra la garanzia del proprio diritto allo indennizzo verso l'assicuratore".
6. In conclusione, il ricorso va accolto e la sentenza impugnata cassata, con rinvio alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione, che si atterrà ai principi sopra ricordati in tema di azione surrogatoria in caso di inerzia all'esercizio dell'assicurato dei diritti di assicurazione e che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso e per l'effetto, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione, che si atterrà ai principi sopra ricordati e provvederà sulle spese del giudizio di legittimità.
29-11-2022 17:59
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