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Sentenza

Successione nel maso chiuso....
Successione nel maso chiuso.
Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 2 febbraio – 22 aprile 2016, n. 8208
Presidente Mazzacane – Relatore Falabella

Svolgimento del processo

Con ricorso del 14 marzo 2005 W.M. adiva il Tribunale di Bolzano, Sezione distaccata di Merano, chiedendo di essere dichiarata assuntrice del maso chiuso (omissis) , al prezzo determinato dal medesimo tribunale secondo i criteri stabiliti dall'art. 20 della l. prov. n. 17/2001. Esponeva: che l'(omissis) era morto Weiss Hermann, proprietario del maso chiuso summenzionato, senza lasciare alcun testamento; che gli eredi legittimi, in mancanza di prole, coniuge od ascendenti del defunto, erano le sue quattro sorelle W.M. , W.L. , W.P. ed W.A. , nonché il fratello W.E. ; che la sua domanda era basata sui criteri per la determinazione dell'assuntore del maso chiuso di cui all'art. 14 l. prov. n. 17/2001, il quale prevedeva un preciso ordine di preferenza tra i coeredi al fine della scelta dell'assuntore; che, in particolare, ella era cresciuta nel maso, come richiesto dall'art. 14, lett. a), della citata legge provinciale, aveva partecipato abitualmente alla conduzione e coltivazione del terreno nei due anni precedenti l'apertura della successione, ai sensi dell'art. 14, lett. b), sia personalmente che tramite i propri figli L.E. e L.R. (il primo dei quali era cresciuto e viveva ancora presso il maso) e, infine, era la più anziana tra i coeredi, come stabilito dall'art. 14, lett. g), abrogato durante la pendenza del giudizio di appello dalla l. prov. n. 2/2010.
Si costituivano tutti i coeredi e W.A. ed W.E. chiedevano a loro volta di essere dichiarati assuntori del maso. W.E. domandava, altresì, in via riconvenzionale, il rilascio dell'immobile ad opera di tutte le controparti ed il risarcimento del danno nei confronti di W.M. , W.P. , L.E.H. e L.R. , in quanto avrebbero utilizzato il maso dopo il decesso di W.H. .
Era autorizzata, pertanto, la chiamata in causa dei terzi L.E.H. e L.R. , i quali si costituivano, esponendo di avere solo continuato l'attività di coltivazione e conduzione del maso da loro sempre effettuata.
T1 Tribunale di Bolzano, Sezione distaccata di Merano, con sentenza n. 276/08 individuava in W.E. l'assuntore del bene, fissava il prezzo di assunzione nella misura di Euro 83.700,00, ordinava alle altre parti di rilasciare, successivamente al pagamento della rispettiva quota del detto prezzo, il maso in favore di W.E. , e rigettava la domanda di risarcimento del danno di quest'ultimo, in favore del quale liquidava le spese di lite.
Contro la sentenza proponevano appello W.M. , con citazione del 24 aprile 2009, nonché L.E.H. e L.R. , con citazione del 23 aprile 2009, chiedendone la riforma.
W.M. si doleva del fatto che il giudice di primo grado non avesse valorizzato l'attività organizzativa da lei prestata presso il maso e che avesse inoltre valutato come abituale, ai sensi dell'art. 14, lett. b), l. prov. n. 17/2001, la collaborazione di W.E. , nonostante avesse avuto carattere sporadico.
L.E.H. e L.R. esponevano, invece, di essere privi di legittimazione passiva quanto alla domanda di risarcimento del danno di W.E. , poiché essi avevano solo aiutato la madre nella coltivazione, e contestavano la loro condanna a rifondere le spese di lite pure se non erano risultati soccombenti.
La Corte di appello di Trento, Sezione distaccata di Bolzano, riuniti gli appelli, nella resistenza del solo W.E. , il quale domandava, con appello incidentale, la condanna al risarcimento del danno per l'illegittima occupazione del maso da parte di W.M. , L.E.H. e L.R. , con sentenza del 16 aprile 2011 respingeva l'impugnazione di M. e l'appello incidentale di W.E. ed accoglieva il gravame di L.E.H. e L.R. con riferimento alla loro condanna al pagamento delle spese di lite in primo grado.
A sostegno della decisione adottata la corte distrettuale evidenziava: che non vi era prova che W.M. avesse fornito un contributo concreto e tangibile alla conduzione del maso nei due anni precedenti la morte di W.H. ; che W.E. possedeva i requisiti di legge per essere nominato assuntore del maso; che la domanda di risarcimento del danno di W.E. andava respinta; che la doglianza di L.E.H. e L.R. in ordine alla statuizione sulle spese di lite di primo grado era fondata.
Avverso la indicata sentenza della corte trentina hanno proposto ricorso per cassazione W.M. , L.E.H. e L.R. , articolandolo su un motivo, mentre W.E. ha resistito con controricorso. I ricorrenti hanno depositato una memoria ex art. 378 c.p.c..

Motivi della decisione

Preliminarmente deve essere esaminata l'eccezione di inammissibilità del ricorso avanzata dal resistente con riferimento alla posizione di L.E.H. e L.R. , i quali, ad avviso di W.E. , sarebbero privi di legittimazione ad agire.
Questa va respinta.
L.E.H. e L.R. sono stati condannati in sede di merito a rilasciare il maso ad W.E. , con la conseguenza che è loro interesse che il fondo sia assegnato alla madre W.M. , poiché, in tal caso, verrebbe meno la suddetta statuizione.
Con il loro unico motivo di ricorso W.M. , L.E.H. e L.R. lamentano la violazione e/o errata applicazione dell'art. 14, co. 1, lett. b), l. prov. Bolzano n. 17/2001 e l'omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto "essenziali e irrinunciabili" le attività svolte da W.E. , equiparandole alla partecipazione abituale alla conduzione e alla coltivazione del maso richiesta dal summenzionato articolo, nonostante il carattere stagionale di dette attività.
Il cit. art. 14 in tema di masi chiusi, nel testo in vigore al momento dell'instaurazione del presente giudizio davanti al Tribunale di Bolzano, sezione distaccata di Merano stabilisce, ai primi due commi:
"In caso di successione legittima, in mancanza di un accordo tra coloro che secondo il codice civile sono chiamati a succedere, l'assuntore o l'assuntrice del maso chiuso è determinato/a dall'autorità giudiziaria in base al seguente ordine di preferenza:
a) i coeredi o le coeredi che crescono o sono cresciuti/e nel maso sono preferiti/e agli altri coeredi o alle altre coeredi;
b) tra più coeredi che crescono o sono cresciuti/e nel maso sono preferiti/e coloro che nei due anni antecedenti l'apertura della successione hanno partecipato abitualmente alla conduzione e alla coltivazione del maso;
c) tra più coeredi che adempiano i presupposti previsti nelle lettere a) e b) sono preferiti/e coloro che sono in possesso di un diploma di una scuola professionale ad indirizzo agrario o di economia domestica riconosciuta dallo Stato o dalla Provincia, o di un'altra adeguata formazione riconosciuta dalla Provincia;
d) i discendenti o le discendenti che crescono o sono cresciuti/e nel maso, compresi i figli adottivi o le figlie adottive e coloro che subentrano per rappresentazione, sono preferiti/e al coniuge superstite; quest'ultimo o quest'ultima però è preferito/a a tutti gli altri parenti, se dall'ultima assunzione del maso sono passati cinque anni o se da almeno cinque anni ha collaborato alla conduzione del maso, considerando il lavoro domestico svolto nel maso quale collaborazione alla sua conduzione;
e) tra più coeredi di pari preferenza secondo le lettere dalla a) alla d) sono preferiti/e i parenti o le parenti più vicini/e di grado;
f) se il defunto o la defunta non ha lasciato discendenti né coniuge superstite e ha assunto l'intero maso o gran parte di esso da uno dei genitori per via ereditaria o per trasferimento in anticipazione della successione ereditaria, trovano applicazione, in caso di presenza di più persone dello stesso grado di parentela, i criteri di cui alle lettere a), b) e c);
g) tra più coeredi di pari preferenza secondo le lettere dalla a) alla f) è preferito/a il più anziano o la più anziana di età.
Qualora nessuno dei coeredi o nessuna delle coeredi soddisfi le condizioni previste al Gomma 1, quale assuntore o assuntrice viene scelto/a, sentiti/e i coeredi o le coeredi e la commissione locale per i masi chiusi, colui o colei che dimostra di possedere i migliori requisiti per la diretta conduzione del maso chiuso".
Al quarto comma dispone:
"Il diritto di assunzione acquisito si trasferisce in caso di morte ai discendenti o alle discendenti e al coniuge dell'avente diritto all'assunzione; nella scelta del coerede assuntore o della coerede assuntrice si osservano, in quanto applicabili, i criteri previsti dai commi 1 e 2".
Nel presente giudizio è oggetto del contendere quale fra due dei fratelli di W.H. , suoi eredi legittimi essendo il de cuius deceduto senza figli, coniuge ed ascendenti, abbia il diritto di essere nominato assuntore del maso chiuso (omissis) , ai sensi della nominata legge provinciale n. 17/2001.
Per l'esattezza, poiché non è stato raggiunto un accordo fra i suddetti coeredi, deve essere in sede giudiziaria chi, fra W.M. ed W.E. , possieda i requisiti imposti dall'art. 14, comma1, della l. prov. n. 17/2001 per divenire assuntore del maso de quo.
Siccome per entrambe le parti è soddisfatto il requisito di cui alla lettera a) dell'art. 14, 1 co. della legge, rappresentato dal fatto di essere cresciuti nel maso, occorre accertare chi fra W.M. ed W.E. debba essere preferito ai sensi della lettera b) dello stesso articolo, che, come si è detto, fissa un criterio preferenziale basato sull'abituale partecipazione, nei due anni antecedenti l'apertura della successione, alla conduzione e alla coltivazione del maso.
La corte di merito, confermando il giudizio del Tribunale di Bolzano, ha ritenuto che W.E. dovesse essere nominato assuntore, essendovi stata una sua partecipazione abituale alla conduzione e coltivazione del maso.
W.M. , L.E.H. e L.R. si sono doluti di tale decisione, in quanto la corte territoriale avrebbe, a loro avviso, errato nel ritenere che costituisse partecipazione abituale alla conduzione e alla coltivazione del maso ex art. 14, 10 co. lett. b) cit., l'attività di W.E. , stante il suo carattere stagionale.
I ricorrenti sostengono, pertanto, che W.M. avrebbe diritto a divenire assuntrice del maso dato che, non trovando applicazione gli ulteriori criteri indicati alle lettere c), d), e) ed f) dell'art. 14, il giudizio dovrebbe essere definito ai sensi della lett. g) del detto articolo (vigente all'epoca della proposizione del ricorso davanti tribunale, il quale privilegia il coerede di pari grado più anziano di età, nella specie W.M. .
Il motivo è infondato.
La corte territoriale, sulla base dell'istruttoria svolta, in particolare delle dichiarazioni di W.N. , M.A. , O.T.P. , O.A. , W.I. e W.S. , ha affermato che, negli ultimi due anni prima dell'apertura della successione, W.E. aveva partecipato personalmente alla coltivazione e conduzione del maso e che questa collaborazione, almeno con riferimento alla concimazione e alla parte di lavorazione del fieno svolta con l'impiego di macchinari, ovvero la fienagione annuale, poteva essere considerata abituale ex art. 14, lett. b).
La conclusione del giudice di secondo grado merita di essere condivisa.
Infatti, il cit. art. 14, lett. b) non impone che l'attività posta in essere nel naso dall'aspirante assuntore sia non stagionale e che avvenga durante tutto l'anno o, comunque, durante una parte prevalente di questo, ma richiede solo che sia abituale, vale a dire regolarmente ripetuta nel tempo.
L'abitualità non è, quindi, esclusa dalla stagionalità del lavoro, la quale può pure essere imposta dalle caratteristiche del fondo (ad esempio, perché potrebbe richiedere lavorazioni concentrate in alcuni periodi dell'anno), rilevando esclusivamente che la detta attività sia replicata ciclicamente con continuità.
Nella specie, la corte territoriale ha accertato proprio la ricorrenza della regolare ripetitività delle lavorazioni, poiché W.E. si era occupato della concimazione e della fienagione annuale anche nei due anni antecedenti alla morte del de cuius, interventi che sono stati a ragione ritenuti essenziali e imprescindibili e, pertanto, idonei ad essere ricondotti alla "conduzione e coltivazione" del maso.
Neppure può ravvisarsi un vizio di motivazione nella sentenza de qua.
Secondo la consolidata giurisprudenza, il controllo di logicità del giudizio di fatto, consentito dall'art. 360, 1 co., n. 5 c.p.c., non equivale alla revisione del ragionamento che ha condotto la corte di merito ad individuare una determinata soluzione della questione esaminata, perché, in caso contrario, si avrebbe una nuova formulazione del giudizio di fatto, preclusa in sede di legittimità (Cass., 7 gennaio 2014, n. 91).
In particolare, la motivazione omessa o insufficiente ricorre soltanto qualora dal ragionamento del giudice di merito emerga la totale obliterazione di elementi che potrebbero portare ad una diversa decisione, ovvero quando sia evincibile l'obiettiva carenza, nel complesso della sentenza, del procedimento logico seguito (Cass. S.U. 25 ottobre 2013, n. 24148).
La corte territoriale ha chiarito in maniera completa e coerente il suo convincimento, indicando dettagliatamente le fonti di questo nelle deposizioni di W.H. , M.A. , O.T.P. , O.A. , W.I. e W.S. , ritenute, con un giudizio di merito che non può essere sindacato nella presente sede, idonee a dimostrare la partecipazione personale di W.E. nella coltivazione e conduzione del maso nei due anni anteriori all'apertura della successione.
Ne consegue il rigetto del ricorso.
Le spese di lite seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese processuali, che liquida in Euro 2.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi.
Avv. Antonino Sugamele

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