Successione mortis causa. La delazione non è di per sè sola sufficiente all'acquisto della qualità di erede.
Autorità: Cassazione civile sez. II
Data: 27 novembre 2012
Numero: n. 21093
Intestazione
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRIOLA Roberto Michele - Presidente -
Dott. BURSESE Gaetano Antonio - rel. Consigliere -
Dott. NUZZO Laurenza - Consigliere -
Dott. MAZZACANE Vincenzo - Consigliere -
Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 28680-2006 proposto da:
B.A.G. (OMISSIS), B.M.
B. (OMISSIS), B.P. (OMISSIS),
C.G. (OMISSIS), B.G.
(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE DELLE
MILIZIE, 9, presso lo studio dell'avvocato GIUSEPPE MATTINA,
rappresentati e difesi dall'avvocato CHIARELLI FELICE;
- ricorrenti -
contro
G.F. (OMISSIS), D.G.A.
(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA presso
CAPITOLINA SERVIZI, rappresentati e difesi dagli avvocati ARCURI
FABIO, ARENA ANTONINO;
- controricorrenti -
e contro
P.A., P.D.;
- intimati -
avverso la sentenza n. 992/2005 della CORTE D'APPELLO di PALERMO,
depositata il 19/08/2005;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
25/10/2012 dal Consigliere Dott. GAETANO ANTONIO BURSESE;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DEL
CORE SERGIO che ha concluso per il rigetto del ricorso.
(Torna su ) Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto notificato il 23.10 1992 G.F. e D. G.A., premesso di essere proprietari del fondo sito nel comune (OMISSIS), distinto in catasto al f 9 particelle 122 e 287 confinante con altro lotto di proprietà di B.G.; che lungo il confine tra i due fondi, sulla loro proprietà, esisteva un viottolo chiuso da un cancello di accesso in ferro, che si dipartiva dalla strada provinciale (OMISSIS); che il B. si era rifiutato di consegnare loro le chiavi del predetto cancello a lui erroneamente consegnate dall'amministrazione provinciale allorchè aveva realizzato il cancello stesso; tutto ciò premesso convenivano in giudizio avanti al tribunale di Palermo B.G., nonchè le proprie danti causa D. ed P.A., chiedendo dichiararsi che nessuna servitù di passaggio gravava sulla particella 122 a favore del contiguo fondo del convenuto (particella 115) e l'inesistenza di alcun diritto di accesso in favore di quest'ultimo, con condanna dello stesso B.a a restituire la chiave del cancello ed al risarcimento dei danni.
Si costituiva in giudizio il solo B.G. chiedendo il rigetto della domanda attorea deducendo di essere proprietario del terreno su cui insiste il viottolo in questione; in via riconvenzionale instava per la declaratoria di intervenuta usucapione della proprietà dello stesso stradello.
Espletata l'istruzione della causa mediante CTU ed escussione dei testi, l'adito Tribunale di Palermo con sentenza del 6.10.2000 dichiarava l'inesistenza della servitù di passaggio per cui è causa e che inoltre il B. non poteva vantare alcun diritto di passo sullo stradello delimitato dal cancelletto degli attori; rigettava altresì le domande avanzate dal convenuto che condannava al pagamento delle spese processuali.
Avverso la predetta sentenza formulava appello B.G. riproponendo avanti all'adita Corte d'Appello di Palermo le medesime eccezioni e domande già spiegate in prime cure, insistendo in specie sul fatto che nell'atto di acquisto del proprio fondo del 21.10.1969 emergeva la proprietà dello stradello in contestazione, e sulla circostanza secondo cui gli attori, al contrario, non avevano dato alcuna prova della proprietà del medesimo viottolo. L'adita Corte d'Appello di Palermo con sentenza n. 992/05 rigettava l'appello, confermando la sentenza impugnata.
Per la cassazione della sentenza ricorrono gli attuali esponenti quali eredi di B.G., nelle more deceduto, sulla base di n. 6 mezzi, illustrati da memoria ex art. 378 c.p.c.; resistono con controricorso i coniugi G. - D.G.; gli altri intimati non hanno svolto difese.
(Torna su ) Diritto
MOTIVI DELLE DECISIONE
Osserva il Collegio che gli esponenti: B.P.; B. A.G.; B.M.B.; B.G. e C.G. ha proposto ricorso per cassazione assumendo di essere eredi di B.G., senza però dimostrare attraverso la produzione di idonea documentazione la propria qualità di eredi. Ciò comporta la declaratoria d'inammissibilità del ricorso , trattandosi di questione rilevabile d'ufficio. Ha statuito questa S.C. che," poichè la facoltà di proporre impugnazione spetta solo ai soggetti partecipi del precedente grado di giudizio, nel quale siano rimasti soccombenti, chi intende proporre ricorso per cassazione nel l'asserita qualità di erede della persona che partecipò al precedente giudizio di merito deve provare, tramite le produzioni consentite dall'art. 372 cod. proc. civ., a pena di inammissibilità del ricorso medesimo, sia il decesso della parte originaria del giudizio che l'asserita sua qualità di erede di detta parte. La mancanza di tale prova è rilevabile d'ufficio, in quanto attiene alla titolarità del diritto processuale di adire il giudice dell'impugnazione e, pertanto, alla regolare costituzione del contraddittorio (Cass. Sez. 2, n. 15352 del 25/06/2010; Cass. n. 1943 del 27.01.2011).
Occorre inoltre ricordare che secondo questa S.C. " in tema di successioni "mortis causa", la delazione che segue l'apertura della successione, pur rappresentandone un presupposto, non è di per sè sola sufficiente all'acquisto della qualità di erede, essendo a tale effetto necessaria anche, da parte del chiamato, l'accettazione, mediante "aditio" oppure per effetto di "pro herede gestio" oppure per la ricorrenza delle condizioni di cui all'art. 485 cod. civ.. Ne consegue che, in ipotesi di giudizio instaurato nei confronti del preteso erede per debiti del "de cuius", incombe su chi agisce, in applicazione del principio generale di cui all'art. 2697 c.c., l'onere di provare l'assunzione da parte del convenuto della qualità di erede, la quale non può desumersi dalla mera chiamata all'eredità, non essendo prevista alcuna presunzione in tal senso, ma consegue solo all'accettazione dell'eredità, espressa o tacita, la cui ricorrenza rappresenta, quindi, un elemento costitutivo del diritto azionato nei confronti del soggetto evocato in giudizio nella predetta qualità" ( Cass. n. 10525 del 30/04/2010 613476).
Ciò posto, deve dichiararsi inammissibile il ricorso principale. Le spese seguono la soccombenza.
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P.Q.M.
la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese di giudizio che liquida in Euro 2.200,00 di cui Euro 2.000,00 di onorario, oltre accessori come per legge.
Così deciso in Roma, il 25 ottobre 2012.
Depositato in Cancelleria il 27 novembre 2012
16-12-2012 23:35
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