Notizie, Sentenze, Articoli - Diritto Successorio Trapani

Sentenza

Accettazione tacita della eredita'. Riscossione dei canoni di locazione di un be...
Accettazione tacita della eredita'. Riscossione dei canoni di locazione di un bene ereditario. Rilevanza. Fondamento.
Cassazione civile  sez. II Data:06/02/2014 ( ud. 19/12/2013 , dep.06/02/2014 ) 
Numero:    2743
                        LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE                   
                           SEZIONE SECONDA CIVILE                        
    Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:                            
    Dott. TRIOLA      Roberto Michele                 -  Presidente   -  
    Dott. NUZZO       Laurenza                        -  Consigliere  -  
    Dott. MAZZACANE   Vincenzo                        -  Consigliere  -  
    Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria                   -  Consigliere  -  
    Dott. ABETE       Luigi                      -  rel. Consigliere  -  
    ha pronunciato la seguente:                                          
                         sentenza                                        
    sul ricorso 11619/2008 R.G. proposto da: 
               S.I.  (OMISSIS),  rappresentata  e  difesa,  in 
    virtù  di  procura  speciale  a margine del  ricorso,  dall'avvocato 
    CAMPUS  Miriam ed elettivamente domiciliata in Roma, alla  Via  Ennio 
    Quirino  Visconti,  n.  55, presso lo studio dell'avvocato  Giancarlo 
    Sabbadini; 
                                                           - ricorrente - 
                                   contro 
           L.M.,           L.M.P.,           L.V., rappresentati  e 
    difesi,  in  virtù di procura speciale a margine del  controricorso, 
    dall'avvocato  CHESSA MIGLIOR Guido ed elettivamente  domiciliati  in 
    Roma, alla via Portuense n. 104; 
                                                     - controricorrenti - 
                                      e 
            S.M.,           S.A.,            S.G.; 
                                                             - intimati - 
    Avverso la sentenza n. 408 del 19.10/10.12.2007 della Corte d'appello 
    di Cagliari; 
    Udita  la  relazione della causa svolta all'udienza pubblica  del  19 
    dicembre 2013 dal Consigliere Dott. Luigi Abete, 
    Udito l'avvocato Guido Chessa Miglior per i controricorrenti; 
    Udito  il  Pubblico  Ministero, in persona del Sostituto  Procuratore 
    Generale  Dott.  SALVATO Luigi, che ha concluso per  il  rigetto  del 
    ricorso. 
                     


    Fatto
    SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

    Con atto notificato in data 10.3.1994 L.M., M.P. e V. citavano a comparire innanzi al pretore di Cagliari F.E., vedova S., intimandole sfratto per morosità relativamente all'appartamento sito in (OMISSIS); deducevano gli attori che erano proprietari dell'immobile, avendolo ricevuto in eredità dal defunto genitore, L.G., e che la conduttrice aveva omesso il pagamento del canone di locazione sin dal 1976.

    Costituitasi, la convenuta si opponeva allo sfratto; all'uopo deduceva che non aveva mai avuto alcun rapporto con L. G., che l'immobile era di proprietà della sorella di costui, L.E., che costei aveva provveduto a concederglielo in locazione per il canone mensile di lire 16.000, che la medesima L.E. aveva istituito suo erede universale la "Casa di Riposo Vittorio Emanuele II" di (OMISSIS), ente poi soppresso ed i cui beni erano stati devoluti al Comune di Cagliari, che, a seguito del decesso di L.E., in attesa che il Comune cagliaritano perfezionasse la procedura di accettazione dell'eredità, si era astenuta dal corrispondere il canone di locazione a chicchessia.

    Denegata la pronuncia dell'ordinanza di rilascio, il giudice adito dichiarava la propria incompetenza per valore e rimetteva le parti dinanzi al tribunale di Cagliari.

    Con atto notificato in data 8.2.1995 L.M., M.P. e V. citavano a comparire dinanzi al tribunale di Cagliari F.E..

    Deducevano che l'appartamento detenuto dalla convenuta era stato in origine di proprietà del nonno, L.F.V., deceduto in data (OMISSIS), che a costui erano succeduti i figli, G. ed E., che nella quota di 1/2 di spettanza di G., loro genitore, deceduto il (OMISSIS), erano subentrati essi attori per successione legittima, che con testamento pubblico per notar Saba del 12.4.1976 L.E. aveva devoluto la sua quota alla "Casa di Riposo Vittorio Emanuele II" di (OMISSIS), ente che tuttavia non aveva accettato l'eredità, sì che il relativo diritto si era estinto per prescrizione, che, viceversa, essi attori erano succeduti nella titolarità della quota di 1/2 già di pertinenza della defunta zia, avendo accettato l'eredità sia tacitamente che espressamente con atto per notar Princivalle del 2.6.1994.

    Costituitasi, F.E. deduceva che l'immobile era di proprietà esclusiva di L.E., che il tribunale di Cagliari, nella controversia intrapresa dagli attori nei confronti del Comune di Cagliari, quale destinatario dei beni della soppressa "Casa di Riposo Vittorio Emanuele II", aveva affermato, con sentenza passato in giudicato, l'insussistenza della pretesa, ex latere actorum, comproprietà dell'appartamento al (OMISSIS), e l'intervenuta prescrizione del diritto di accettare l'eredità di L.E. e da parte del Comune di Cagliari e da parte degli attori.

    All'esito dell'istruzione, proseguito il giudizio, interrotto a seguito del decesso della F., nei confronti degli eredi di costei, costituitisi con comparsa in data 31.5.1995, con sentenza dei 7/23.9.2005 il tribunale di Cagliari rigettava le domande di L. M., M.P. e V..

    All'uopo rilevava che con sentenza n. 911/1993, ritualmente prodotta in giudizio, il medesimo tribunale cagliaritano aveva statuito nel senso che l'appartamento occupato dalla F. era di proprietà esclusiva di L.E., giusta scrittura privata dell'8.2.1976 con la quale la stessa L.E. ed il fratello G. avevano atteso allo scioglimento della comunione tra essi esistente con attribuzione alla prima, in proprietà esclusiva, dell'appartamento al (OMISSIS), unitamente ad un locale posto a piano terra; rilevava, altresì, che il giudicato formatosi a seguito della sentenza n. 911/1993 esplicava efficacia riflessa nei confronti delle parti in lite ed in ogni caso rivestiva valenza di prova documentale dell'intervenuta divisione tra i germani L.E. e G.; rilevava, inoltre, che, in dipendenza della mancata accettazione da parte del Comune di Cagliari dell'eredità di L.E., all'eredità di costei era stato ex lege chiamato il fratello, il quale, a sua volta, del pari non aveva accettato l'eredità devolutagli; rilevava, ancora, che il medesimo diritto, siccome eccepito dalla F., si era estinto per prescrizione, giacchè L.G. non lo aveva esperito tempestivamente; rilevava, infine, che nessuna valenza rivestiva l'atto a rogito notar Princivalle del 2.6.1994 con cui gli attori avevano accettato le eredità di L.G. e di E., giacchè posteriore alla intervenuta prescrizione del diritto già devoluto al padre di accettare l'eredità della sorella.

    Interponevano appello L.M., M.P. e V., instando per la riforma della gravata sentenza.

    Si costituivano e resistevano S.I., M., A. e G., quali eredi di F.E..

    Con sentenza dei 19.10/10.12.2007 la corte d'appello di Cagliari accoglieva il gravame ed, in riforma della sentenza di prime cure, così statuiva: "dichiara che il locale in (OMISSIS), è di proprietà piena ed esclusiva degli appellanti per quote uguali ed indivise. Pronuncia la risoluzione del contratto di locazione avente ad oggetto il predetto immobile per grave inadempimento della conduttrice, che condanna al rilascio entro tre mesi dalla pubblicazione della presente sentenza.

    Condanna gli appellati al rimborso delle spese dei due gradi..." (così sentenza d'appello, pagg. 10-11).

    In particolare, dato atto previamente che il primo giudice aveva opinato nel senso che L.G. "non avesse accettato l'eredità della sorella sul rilievo della inattendibilità dei testi e della circostanza che la mera riscossione dei canoni di locazione non equivalesse ad accettazione tacita dell'eredità" (così sentenza d'appello, pagg. 7 - 8), la corte distrettuale ha, tra l'altro, affermato che "la mera circostanza del rapporto di parentela tra gli attori ed i testi escussi non è sufficiente ad escludere la loro attendibilità; il fatto inoltre che le loro risposte siano state estremamente concise è dipeso unicamente dalle modalità con cui è stato condotto l'espletamento della prova" (così sentenza d'appello, pag. 8); che la riscossione da parte di L.G. dei canoni di locazione "rappresenta un atto di manifestazione tacita della volontà di accettare l'eredità della sorella E., in assenza di una qualsiasi allegazione e prova che la riscossione fosse avvenuta a titolo differente e che il L. avesse destinato l'importo del canone non a esigenze proprie ma lo avesse accantonato in attesa della definizione della situazione successoria" (così sentenza d'appello, pag. 8); che, poichè L.G. "aveva accettato l'eredità della sorella E., allorchè alla morte di G., si è aperta la successione legittima in capo ai figli, essi sono divenuti proprietari dei beni del genitore, tra cui era compreso l'immobile per cui è causa" (così sentenza d'appello, pag. 9); che L.M., M.P. e V., giusta l'atto a rogito notar Princivalle del 2 giugno 1994, avevano tempestivamente, ossia entro dieci anni dal dì della morte del padre, accettato l'eredità ad essi devoluta.

    Avverso tale sentenza ha proposto ricorso unicamente S. I., chiedendone, sulla scorta di tre motivi, la cassazione; con il favore altresì delle spese di ogni grado.

    L.M., M.P. e V. hanno depositato controricorso; concludono per il rigetto dell'avverso ricorso, con il favore delle spese del giudizio di legittimità.
    Diritto
    MOTIVI DELLA DECISIONE

    Con il primo motivo la ricorrente deduce, al contempo, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), l'omessa motivazione circa un fatto controverso e rilevante ai fini della decisione, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), la violazione e falsa applicazione dell'art. 2909 c.c..

    All'uopo adduce che il giudice dell'appello ha con la censurata statuizione violato il disposto dell'art. 2909 c.c., essendo indubitabile che ella ricorrente, "nella sua qualità di erede di F.E., possa invocare, nei confronti dei L., il giudicato formatosi nel procedimento da essi intentato contro il Comune di Cagliari, definito con la sentenza del Tribunale di Cagliari n. 911 del 1993, passata in giudicato e con tale annotazione prodotta in giudizio" (così ricorso, pag. 8); che il giudice di seconde cure, "nonostante l'eccezione di giudicato espressamente formulata dagli appellati nella loro comparsa di costituzione e sebbene la sentenza del Tribunale fosse fondata sulla rilevanza attribuita al giudicato e sulla contraddittorietà delle deduzioni difensive degli attori, in quanto contrastanti con i loro stessi assunti, non ha speso neanche una parola sull'eccezione di giudicato, che è stata totalmente ignorata violando in tal modo il disposto di cui all'art. 360 c.p.c., n. 5" (così ricorso, pag. 10).

    Con il secondo motivo la ricorrente deduce, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), la violazione del combinato disposto degli artt. 460, 476, 480 e 481 c.c..

    All'uopo adduce che L.E. col testamento pubblico per notar Saba del 12.4.1976 aveva istituito suo erede universale la "Casa di Riposo Vittorio Emanuele II" di (OMISSIS) e, dunque, "con tale istituzione... ha sicuramente impedito che il fratello G. subentrasse nei contratti di locazione da lei stipulati con la F. e col titolare dell'agenzia di onoranze funebri, ubicata al piano terreno dello stesso stabile" (così ricorso, pag. 11); che, conseguentemente, "quand'anche L.G. avesse incassato i canoni di locazione relativi all'immobile posto al piano terreno, circostanza che la F. ignorava..., il L. lo avrebbe comunque fatto in nome e per conto dell'erede istituito, al quale avrebbe dovuto rendere conto dopo la sua eventuale accettazione" (così ricorso, pagg. 11 - 12); che "quand'anche avesse incassato tali somme, sicuramente lo ha fatto prima che fosse trascorso il termine per l'accettazione da parte dell'ente istituito per testamento, tenuto conto che L.G. è deceduto il 12 gennaio 1986 mentre L.E. il 26 maggio 1976" (così ricorso, pagg. 12-13).

    Con il terzo motivo la ricorrente deduce, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), l'erronea, contraddittoria, illogica e insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio.

    All'uopo adduce che "la gravità delle contraddizioni da cui è affetta la sentenza impugnata emerge in modo inequivocabile dall'esame comparato di tutte le risultanze processuali, mentre la sentenza della Corte d'Appello ha fondato il proprio convincimento esclusivamente sulle risultanze della prova testimoniale" (così ricorso, pag. 13); che "deve innanzitutto rilevarsi una incongruenza tra il capitolo di prova dedotto dai L. con quanto dagli stessi sostenuto nell'atto di intimazione di sfratto per morosità, nel quale si legge che la F. era stata morosa nel pagamento dei canoni dal giugno 1976 sino alla data dell'intimazione (10 maggio 1994), praticamente e senza soluzione di continuità, dalla morte di E." (così ricorso, pagg. 13 - 14); che, d'altro canto, l'inattendibilità dei testi escussi è da correlare non già ai vincoli di coniugio o di affinità con i L., sibbene alle contraddizioni insite tra le loro dichiarazioni e le prospettazioni degli stessi attori di cui all'atto introduttivo del giudizio; che in ogni caso vi è margine perchè le dichiarazioni rese dai testi A.G., P.P. e P.M. siano considerate ininfluenti o palesemente false; che ulteriore elemento di incongruenza emerge dalla dichiarazione di successione di L. G., ove nessun riferimento si rinviene alla quota già di spettanza di L.E..

    Va dato atto previamente che si versa nella fattispecie in un'ipotesi di litisconsorzio necessario (cfr., Cass. 19.1.2006, n. 1021, secondo cui nel giudizio di risoluzione di un contratto di affitto agrario - così come di locazione - con pluralità di conduttori ricorre un' ipotesi di litisconsorzio necessario fra tutti i contitolari del rapporto di affitto, con la conseguenza che è sufficiente la proposizione dell'appello avverso la sentenza, sfavorevole ai conduttori, da parte di uno di questi per impedire, anche nei confronti del litisconsorte non impugnante, il passaggio in giudicato della sentenza di primo grado).

    Va dato atto inoltre che la sentenza in questa sede censurata è stata notificata ad S.I., M., A. e G., nel domicilio eletto in secondo grado presso il loro difensore, avvocato Pietro Ambrosio, in data 13.2.2008.

    Va dato atto ancora che il ricorso per cassazione su istanza di S.I. è stato notificato in data 11.4.2008 a L. M., M.P. e V. ed in data 14.4.2008 a S. M., A. e G., nel domicilio eletto in secondo grado presso il loro difensore, avvocato Pietro Ambrosio.

    Il primo motivo di ricorso è destituito di fondamento.

    E' indubitabile che l'effetto preclusivo atto a scaturire dal giudicato, è destinato ad esplicarsi in un eventuale successivo giudizio in quanto la posteriore vicenda giudiziaria tragga origine da un'azione avente i medesimi elementi costitutivi - soggetti, causapetendi e petitum - della precedente (la cui proposizione ha dato luogo al giudicato) (cfr., tra le altre, Cass. sez. lav.

    2.3.1988, n. 2217).

    Nel caso di specie, viceversa, dallo stesso ricorso esperito a questo giudice di legittimità (cfr. pag. 3) è dato evincere che il giudizio conclusosi con la sentenza n. 911 del 1993 pronunciata dal tribunale di Cagliari era stato intrapreso dai germani L. nei confronti del Comune di Cagliari.

    In verità S.I. rappresenta e si duole, giacchè, da un canto il primo giudice ha opinato nel senso che la sentenza n. 911/1993 "aveva efficacia di giudicato (riflesso) anche tra le parti in causa" e che la medesima statuizione n. 911/1993 "in ogni caso...

    valeva quale prova documentale..., tenuto conto che in essa veniva dato atto dell'avvenuta produzione di una scrittura privata con la quale E. e G. avevano divisi i beni pervenuti loro dal padre" (così ricorso, pag. 4), giacchè, dall'altro, "la Corte d'Appello... non ha speso neanche una parola sull'eccezione di giudicato" (così ricorso, pag. 10).

    Tuttavia, contrariamente a quanto assume la ricorrente, la corte territoriale non ha per nulla disconosciuto che, siccome acclarato dal tribunale di Cagliari mercè appunto la sentenza n. 911/1993, l'appartamento in (OMISSIS), in virtù della scrittura privata siglata in data 8.2.1976 col fratello Gaudenzio, fosse di proprietà esclusiva di L.E., non ha per nulla disconosciuto che l'erede testamentario della stessa L.E. - ossia la "Casa di Riposo Vittorio Emanuele II" di (OMISSIS) e, successivamente, in suo luogo, il Comune di Cagliari - non avesse atteso all'accettazione dell'eredità, sicchè la medesima eredità si era devoluta ex lege al fratello della testatrice.

    Non vi è stata, pertanto, violazione alcuna delle oggettive affermazioni di verità contenute nella sentenza n. 911/1993.

    Propriamente la corte distrettuale ha fondato il suo dictum sul rilievo per cui ai controricorrenti compete la proprietà dell'appartamento de quo agitur "non perchè essi l'abbiano acquistato per successione diretta dalla precedente proprietaria L.E., ma perchè essi sono succeduti mortis causa al loro genitore L.G. che, prima della sua morte, aveva accettato la delazione ereditaria della sorella premorta divenendo così titolare del diritto di proprietà di cui trattasi" (così controricorso, pag. 7; si condivide, pertanto, in toto la riferita testuale prospettazione dei controricorrenti).

    Il secondo motivo di ricorso è del pari privo di fondamento.

    Va premesso al riguardo, in linea con l'insegnamento di questa Corte, che la riscossione dei canoni di locazione è senz'altro idonea a costituir accettazione tacita dell'eredità ex art. 476 c.c.: la riscossione dei crediti ha valenza di atto dispositivo del patrimonio ereditario, non già di atto avente valenza meramente conservativa (cfr. Cass. 5.11.1999, n. 12327, secondo cui costituisce atto di accettazione tacita dell'eredità ai sensi dell'art. 476 c.c., la riscossione da parte del chiamato di un assegno rilasciato al de cuius in pagamento di un suo credito, non essendo la riscossione atto conservativo, bensì dispositivo del patrimonio ereditario).

    In questo quadro si evidenzia che con l'argomentazione secondo cui "deve fondatamente ritenersi che L.G. sia stato impossibilito a compiere un atto che presupponesse l'accettazione dell'eredità dalla indisponibilità dei beni, conseguente all'esistenza del testamento" (così ricorso, pag. 12), la ricorrente ambisce evidentemente a dar conto dell'erroneità del passaggio motivazionale della statuizione d'appello secondo cui "il termine di... prescrizione del diritto di accettare l'eredità decorre dal giorno dell'apertura della successione e, qualora sussista una pluralità di designati a succedere in ordine successivo, si realizza una delazione simultanea a favore dei primi chiamati e dei chiamati in subordine, con la conseguenza che - pendente il termine per l'accettazione da parte dei primi - sono legittimati a manifestare la volontà di accettare l'eredità, con efficacia subordinata al venir meno del diritto dei designati di grado anteriore" (così sentenza d'appello, pagg. 8 - 9).

    Nondimeno il riferito passaggio motivazionale rinviene puntuale ancoraggio nell'elaborazione giurisprudenziale di questa Corte alla cui stregua, in tema di successioni legittime, qualora sussista una pluralità di designati a succedere in ordine successivo, si realizza una delazione simultanea a favore dei primi chiamati e dei chiamati ulteriori, con al conseguenza che questi ultimi, in pendenza del termine di accettazione dell'eredità dei primi chiamati, sono abilitati ad effettuare una accettazione, anche tacita, dell'eredità (cfr. Cass. 13.7.2000, n. 9286; Cass. 22.6.1995, n. 7073; Cass. 16.8.1993, n. 8737).

    Nè, al contempo, può rivestir valenza la circostanza che, nella fattispecie, per il primo chiamato la delazione sia stata testamentaria e non legittima.

    Invero, nelle successioni testamentarie, ai sensi dell'art. 523 c.c., se il testatore non ha disposto una sostituzione - è il caso di specie - e non ha luogo il diritto di rappresentazione - è il caso di specie - la parte del rinunziante si accresce ai coeredi a norma dell'art. 674 c.c., ovvero si devolve - è il caso di specie - agli eredi legittimi a norma dell'art. 677 c.c..

    Inammissibile è il terzo motivo.

    Si prescinde dal rilievo per cui S.I. avrebbe dovuto, nel ricorso a questa Corte di legittimità, fornir puntuale contezza del capitolo di prova dedotto dai L., del tenore dell'atto di intimazione di sfratto per morosità, del complessivo tenore e delle dichiarazioni rese dai testi escussi - che pur reputa false o ininfluenti - e della denunzia di successione di L.G. (al riguardo cfr. comunque Cass. 31.5.2006, n. 12984).

    Si osserva piuttosto che la ricorrente si è limitata a sollecitare la mera "rilettura" del materiale probatorio già vagliato in sede di merito.

    Il che non può non dar luogo - appunto - all'inammissibilità del motivo de quo (cfr. Cass. 26.3.2010, n. 7394, secondo cui è inammissibile il motivo di ricorso per cassazione con il quale la sentenza impugnata venga censurata per vizio di motivazione, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 5, qualora esso prospetti un preteso migliore e più appagante coordinamento dei dati acquisiti, atteso che tali aspetti del giudizio, interni all'ambito di discrezionalità di valutazione degli elementi di prova e dell'apprezzamento dei fatti, attengono al libero convincimento del giudice e non ai possibili vizi del percorso formativo di tale convincimento rilevanti ai sensi della disposizione citata. In caso contrario, infatti, tale motivo di ricorso si risolverebbe in una inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e dei convincimenti del giudice di merito, e perciò in una richiesta diretta all'ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, estranea alla natura ed alle finalità del giudizio di cassazione).

    Il rigetto del ricorso giustifica la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità.

    La liquidazione segue come da dispositivo.
    PQM
    P.Q.M.

    La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente a rimborsare ai controricorrenti la somma di Euro 3.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi.

    Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 19 dicembre 2013.

    Depositato in Cancelleria il 6 febbraio 2014
Avv. Antonino Sugamele

Richiedi una Consulenza